Trama – Tre sentieri per il lago è una raccolta di racconti, l’ultima pubblicata quando la Bachmann era ancora in vita. Prende il nome dall’ultimo e il più lungo dei racconti proposti, che, visto a posteriori, costituisce quasi un testamento della vita dell’autrice. Nella versione originale tedesca, che vide la luce nel 1972, la raccolta prende il titolo dal primo racconto: Simultaneo.
L’opera della Bachmann è un classico esempio di letteratura in cui la trama, l’evento, non è importante in sé. Al centro delle storie c’è piuttosto l’introspezione, il mondo interiore delle sue eroine. Le protagoniste sono donne diverse tra loro, ma tutte austriache, come l’autrice, e di primo acchito non si direbbero investite da vicende rilevanti. I cinque racconti, apparentemente eterogenei, si lasciano ricondurre al filo conduttore dell’esperire, nel suo senso più alto e filosofico.
Ingeborg Bachmann, come aveva già fatto nella sua precedente produzione letteraria, sia poetica che prosaica, rintraccia quelle forme liminari dell’esperire umano spinto ai suoi confini estremi. Su questi confini, le sue donne si ritrovano sole e quasi mute, chiuse nella loro reticenza, ai confini del dicibile.
Primo racconto: Simultaneo
La protagonista del primo racconto Nadja, di professione interprete, si concede, a fine estate, un break non pianificato e intraprende un viaggio in auto con un uomo che lavora per la FAO, conosciuto da poco a lavoro. I due, entrambi originari di Vienna, percorrono, senza una meta precisa, le coste dell’Italia meridionale, giù fino a Maratea.
Pur avendo in comune diverse lingue, in cui passano con disinvoltura dall’una all’altra, sembrano comunque essere intrappolati in un’incomunicabilità che, lungi dall’essere una mera difficoltà di comunicazione interculturale, apre piuttosto uno squarcio profondo su quell’incomunicabilità di fondo che soggiace in tutti i rapporti umani.
Nadja vive intrappolata nella schiavitù del significato delle parole e del loro corrispondente nelle diverse lingue che padroneggia. In questa babele linguistica, nemmeno il citato esperanto sembra poter offrire salvezza.
Ingeborg Bachmann, nel suo perenne rapporto conflittuale con il linguaggio, sembra piuttosto richiamare la teoria linguistica dei Romantici, che professavano il ritorno dell’Umanità a una pura lingua universale, non mediata e confusa dalle singole lingue storico-culturali. Un linguaggio della natura e delle cose.
È alla fine del racconto, a mio parere, che quest’idea giunge al suo culmine. Nadja fruisce di un’esperienza linguistica pura del significante senza significato. Nel boato della ripetizione corale, collettiva e cadenzata del nome Adorni, la protagonista riesce a intravedere la pura materialità fonetica del suono linguistico, spogliato del suo significato e quindi anche dell’aspetto di non traducibilità che incombe su ogni singola lingua. In questa esperienza effimera e quasi romantica, le si rivela per un attimo il disvelamento della verità, il nome come fondamento della facoltà di linguaggio. L’esperienza linguistica perfetta, appunto.
Secondo racconto: Problemi, problemi
Nel secondo racconto di Tre sentieri per il lago, Beatrix vive la sua modesta e inattiva vita quotidiana con un sentimento di apatia costante. Come unico interesse, tende all’esperienza estetica perfetta. Quando nel salone di bellezza, dove le piace trascorrere le sue ore, le cose non vanno per il verso giusto, ha una crisi isterica, scatenata appunto dal venir meno di questo agognato momento estetico. A questo crollo emotivo fa seguito una certa reticenza della ragazza, quasi a voler sancire una presa di coscienza di un’incomprensione di fondo fra il suo sentire e quello degli altri.
Terzo racconto: Occhi felici
L’esperienza visiva è al centro del terzo racconto di Tre sentieri per il lago. La protagonista Miranda, con la sua mancanza di vista, o meglio “il suo stare sul confine della cecità”, sperimenta un nuovo modo di guardare al mondo che la circonda.
Miranda si stupisce come gli altri uomini riescano a sopportare quotidianamente le cose che vedono e che sono costretti a vedere. O magari gli altri non soffrono come lei perché non possiedono alcun altro sistema per vedere il mondo? Potrebbe anche darsi che la vista normale ottundesse i sensi della gente.
Tre sentieri per il lago
Il suo ostinato rifiuto di indossare gli occhiali porta Miranda ad assumere le conseguenze che ne derivano con stoica accettazione. E ancora una volta il non detto, che s’insinua prepotente nei rapporti umani, a determinare una rottura volontaria tra i protagonisti.
Quarto racconto: Il latrato
Il quarto racconto, dal titolo il Latrato – da cui è stato tratto anche un film – è incentrato sull’esperire della memoria e della sua fallacia. Protagoniste sono due donne, suocera e nuora, entrambe sole a modo loro. Le due solidarizzano, legate nel loro amore reverenziale per Leo, rispettivamente figlio e marito. Con l’aiuto della nuora, l’anziana donna rispolvera ricordi sopiti, che svelano a Franziska il vero Leo.
L’oblio e la memoria, la realtà e le allucinazioni si mescolano in un doloroso affresco della senilità. Dal rapporto dell’anziana con la giovane e remissiva nuora emerge un mondo di pudico silenzio in cui il non detto prevale sulle parole. Immersa nel silenzio e nell’incomunicabilità, l’anziana signora si ritrova sempre più lontana dal mondo dei vivi. Le parole si dissolvono finché non resta che un lontano latrato.
Quinto racconto: Tre sentieri per il lago
L’ultimo racconto, Tre sentieri per il lago, è anche il più fortemente autobiografico ed elegantemente intimo. Qui la Bachmann, altrimenti reticente sulla sua vita privata, sembra voler fare un bilancio della sua vita. Lo fa attraverso la protagonista Elisabeth, una famosa fotoreporter originaria della Carinzia. Se spesso nei suoi personaggi femminili si possono individuare dei tratti tipici del suo essere, come la forte miopia di Miranda, con il personaggio di Elisabeth si ha ancora di più l’impressione che l’autrice stia scrivendo di stessa, dei suoi sentimenti, del suo entourage, della sua fama raggiunta in giovane età, e infine del suo luogo di origine dove con uno sguardo si riescono a cogliere i 3 confini (Austria, Italia e Slovenia).
Concentrò lo sguardo sul punto in cui si congiungevano i tre paesi e pensò che le sarebbe piaciuto vivere laggiù, in un eremo solitario al confine.
Tre sentieri per il lago
Il racconto, Tre sentieri per il lago, prende avvio con l’arrivo di Elisabeth a Klagenfurt, in visita al padre, dopo aver partecipato al matrimonio del fratello a Londra. Un evento, questo, che la segna e la fa ripensare alla sue relazioni, non sempre facili, con gli uomini. Il ritorno nella casa natale, dopo aver vissuto per anni in giro per il mondo, è al centro del racconto. È soprattutto l’esperire il prepotente ma insieme inevitabile senso di estraniazione, il guardare ai luoghi familiari con uno sguardo esterno non più consuetudinario, che si mescola al ricordo e al sentire ancora palpabile quella che era la quotidianità, la familiarità.
Una donna che lì si sentiva un ibrido, qualcosa che sta a metà fra l’ospite e la padrona di casa.
Tre sentieri per il lago
Ma il paesaggio è cambiato davvero nel corso degli anni ed Elisabeth, che vorrebbe visitare i luoghi che circondano la sua vecchia casa, non riesce più a trovare il sentiero che conduce al lago. I vari percorsi intrapresi, con i relativi fallimenti nel raggiugerlo, sono accompagnati da faticosi percorsi mentali che Elisabeth imbocca nel suo mondo interiore, a ritroso nella sua memoria. I ricordi, risvegliati da quei luoghi, confluiscono sempre più nella figura di Franz Joseph Trota, un amore del passato di Elisabeth ma anche un personaggio-chiave nella scrittura della Bachmann.
Per ammissione dell’autrice il personaggio di Trota s’ispira a quello della Marcia di Radetzky di Joseph Roth e, come era stato per quest’ultimo, rappresenta la nostalgia causata dalla disfatta e della frantumazione di quello che una volta era il grande impero asburgico. Il personaggio, d’altra parte, ricorda molto il poeta rumeno Paul Celan, con cui la Bachmann aveva avuto una relazione. In particolar modo Elisabeth ricorda di Trota il suo bilinguismo perfetto, i fitti dialoghi intorno alla sua professione e il vivere tra le lingue che in qualche modo si rivela una piaga per lui:
Ho scoperto di non appartenere più a nessun paese, non ho più nostalgia di nessun posto, una volta era diverso, una volta credevo di avere un cuore e di appartenere all’Austria.
Tre sentieri per il lago
Queste struggenti parole, che l’autrice mette in bocca a Trota, sono molto di più il segno della sua stessa estraniazione, la conseguenza del suo vagare di anno in anno, di città in città nella ricerca vana di quell’unico posto da chiamare Casa. Quando in realtà quel posto non si trova nei confini di un territorio, ma ai margini, sul confine stesso.
Così Elisabeth, estranea nella sua familiarità, non può far esperienza, delle svagate nuotate al lago se non per un breve momento e con l’aiuto dell’anziano padre. Quasi a voler ribadire che quel luogo divenutele estraneo, ha senso solo con la presenza sicura e solida del padre, l’unico uomo sempre presente al suo fianco attraverso il quale le radici sono ancora ben piantate.
Questo padre è un po’ il simbolo che, nonostante la solitudine, nonostante l’incomunicabilità, qualche volta nella vita non si è soli.
Autore: Ingeborg Bachmann
Titolo: Tre sentieri per il lago
Edizione originale: Simultan. Neue Erzählungen, 1972, R. Piper & Co. Verlag, München
Edizione letta: Tre sentieri per il lago, 2012, Adelphi Edizioni S.P.A., Milano, traduzione di Amina Pandolfi, tranne Occhi felici tradotto da Ippolito Pizzetti
Lascia un commento