Trama – Mauro Barbi, il protagonista di Romanzo senza umani, è uno storico specializzato in un momento ben preciso nell’infinito temporale, ovvero un evento noto come Piccola Era Glaciale, avvenuto tra la fine del 1572 e la Pasqua del 1573, quando il lago di Costanza ghiacciò completamente con conseguenze catastrofiche per la popolazione. Questo fatto storico più che un evento passato, morto e sepolto, è per Mauro una potenzialità viva. Mauro, che ha ormai superato i 40 anni e ha vissuto tra i libri una vita da studente prolungata, ha l’impressione di essersi perso qualcosa. Probabilmente se stesso.
Si ritrova, dopo la rottura con la sua compagna Anna, ad interrogarsi sulla sua vita, sulle persone che ne facevano parte e che, per ragioni non sempre chiare, ne sono uscite. Complice un incontro fortuito con un ex-allievo che sembra ricordarsi a malapena di lui, Mauro inizia a scavare nella memoria delle sue relazioni personali. E non si limita a questo.
Nel tentativo di attualizzare un passato, che si considera archiviato – come la memoria del computer che per ottimizzarsi, elimina risorse non utilizzate -, inizia a rispondere a email rimaste nella sua posta in arrivo per 15 anni. E in questo suo eccentrico riallacciare i contatti quello che più lo interessa è sapere che impressione ha fatto sugli altri. In questi suoi scavi archeologici, la domanda che sottende è: “Che cosa ricordano, gli altri, di noi?”, “Che segno abbiamo lasciato?”
Mauro decide di intraprendere un viaggio che lo porterà sul lago di Costanza. Bodensee è il nome tedesco del terzo lago più grande dell’Europa centrale, posto al confine fra tre nazioni: Germania, Austria e Svizzera, ma anche il luogo della sua ossessione. Un luogo dove tutto si è congelato. Solo dopo aver compiuto questo viaggio, insieme reale e metaforico, Mauro ha la possibilità di vedere le sue parole sciogliersi, redimersi e diventare letteratura. E con l’aiuto di qualcuno ben ancorato nel presente – perché quando si è giovani, sono molto più i sogni proiettati nel futuro che i ricordi di un passato troppo breve – troverà quell’indicazione di cui ha bisogno, lui, lo storico che vive nel passato. “Esiste solo il presente”.
Vola alto Paolo di Paolo in questo suo ultimo romanzo – finalista del premio strega 2024 – esplorando le forme di vita umane, quelle passate e quelle presenti. Tra le pagine di Romanzo senza Umani, l’eco della solitudine dello studioso e dello scrittore risuona amplificata dalla desolazione di quel lago ghiacciato e remoto, immagine, di un anno lontanissimo nel 1573, che rimarrà impressa nella mente del lettore.
Recensione di Romanzo senza umani di Paolo di Paolo
Il titolo
Il titolo Romanzo senza umani gioca con il paradosso, con lo sforzo mentale di pensare la Storia senza umani. Ma questo stretching mentale fallisce già nel momento in cui è per forza un soggetto pensante umano a doverlo pensare. Da qui appunto il paradosso. La letteratura, la scrittura è fatta da e per l’Umanità. Ed è proprio la forma di vita umana, che il titolo implica in quella provocatoria negazione, il soggetto di questa storia. Mauro Barbi la interroga attraverso se stesso e attraverso i suoi interlocutori, le ridà vita attraverso la scrittura.
A riprova di questo titolo fuorviante, è pieno di dialoghi con altri esseri umani Romanzo senza umani. Che siano essi di persona, per telefono o nella forma della messaggistica istantanea. Alcuni sfiorano l’assurdo, come quello con Consuelo. Altri, come i confronti con l’amico Fiore, con il redattore che lo invita in tv per un’intervista sui cambiamenti climatici, e, soprattutto, con Anna sono una presa di contatto sociale basilare per la specie umana, ma per l’introverso Mauro, che preferisce il linguaggio delle cose, innescano un abisso di aspettative (quelle degli altri verso di lui), attese “disattese” che congelano le sue parole.
Parli poco, te ne stai in disparte, o sulle tue. Ma io guardavo le cose e parlavo direttamente con loro. Loro rispondevano stando zitte come me, era una preghiera, da silenzio a silenzio. Foglia che tremi, mare che ondeggi, lancetta che giri, porta che sbatti. Mi veniva più facile che parlare con gli umani, con i grandi – mai davvero leali, mai trasparenti: più che le loro parole trovavo sinceri i loro sbadigli, gli starnuti, i rutti, il russare nel sonno, le scorregge, i rumori intestinali.
La Melancholia in Romanzo senza umani
Il protagonista, un moderno Hans Schnier, è un outsider, introverso, solitario e malinconico. Proprio questo tratto caratteriale sembra fornire la parola chiave che unisce le due narrazioni, quella di un passato storico durante la Piccola Era Glaciale a metà Cinquecento e quella in prima persona di Mauro Barbi. “Melancholia”, insieme a collera, flemma e sangue formavano la teoria degli umori di Ippocrate, che, a metà tra magico e religioso, costituiva la base medica nel Medioevo. Era considerata una questione di disquilibri di fluidi corporei quella che la scienza moderna chiama depressione.
Durante, o meglio a causa dell’era glaciale, in molti ne soffrivano, soprattutto il principe di Bregenz. Nella narrazione parallela, che fa da contrappunto a quella contemporanea di Barbi, Paolo di Paolo descrive magistralmente, con uno stile aulico ma al tempo stesso carnale, la spostatezza, il tormendo, l’agonia che si insinua nel principe e in un crescedo ne avviluppa il corpo e la mente. Mauro Barbi, che ha studiato gli effetti della glaciazione sulla psiche degli abitanti, li conosce bene gli effetti del clima sull’animo umano. Ma la sua di malinconia sembra essere provocata da qualcos’altro. La sua è, piuttosto, la malinconia per quello che sarebbe potuto essere, ma non è stato.
Uno stile intimo e senza fine
Non c’è la parola fine in Romanzo senza umani. Non c`è al termine del romanzo e non c’è nemmeno tra un capitolo e l’altro. L’ultima frase di un capitolo fa da ponte con la successiva, con la quale inizia il nuovo capitolo e si completa l’ultima frase del capitolo precedente, provocando una concatenazione tanto stilistica quanto emotiva. In queste pagine scritte in prima persona, che hanno l’intimità della forma del diario, un pensiero si lega all’altro, una realtà attuale richiama il ricordo di una passata o, vera solo in potenza.
Che ce ne facciamo, Susanna, di una storia d’amore che non abbiamo vissuto? Del sesso che non abbiamo fatto? Farlo adesso avrebbe senso? Tu lo sai? Ad alimentare il rimpianto è una speciale forma di nostalgia. La nostalgia del niente – che mi invade così spesso, anche qui, mentre mi imbatto nella luce contromano di uno stucchevole tramonto color miele a Lochau
C’è, in Romanzo senza umani, il trasporto sincero nella scrittura di un uomo che, con i suoi difetti, i suoi ricordi imbarazzanti, le sue sconfitte e le sue paure mette a nudo il suo passato, rendendolo ancora possibile nell’illusione della memoria, con quel suo “Incunearsi nel pensiero della vita potenziale”.
C’è, infine, in Romanzo senza umani, la consapevolezza che non si può chiudere una storia e confinarla al passato della scrittura. Alla morte nostalgica delle possibilità non realizzate, si contrappone il presente. Finché c’è vita, c’è il presente con l’aperto delle sue possibilità reali e realizzabili. Mauro Barbi, se ci va, possiamo immaginarcelo impegnato a vivere il suo presente scegliendo le migliori delle possibilità, nel ventaglio che ha a disposizione; o semplicemente sospeso nel suo presente che è pura potenzialità.
Autore: Paolo di Paolo
Titolo: Romanzo senza umani
Casa Editrice: Feltrinelli
Anno di pubblicazione: 2023
Numero pagine: 224
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