La vita di Jacques Lacan: psicanalista parigino

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Jacques Lacan

Infanzia nella belle époque

In piena Belle Époque e a pochi mesi dall’esposizione universale, nasce a Parigi, precisamente il 13 Aprile 1901, una delle figure più celebri e, per certi aspetti, controversa, della psicoanalisi: Jacques Lacan. Lacan nasce sotto il segno di una Parigi che sta vivendo in quegli anni una forte espansione economica accompagnata da miglioramenti nella condizione sociale, basati soprattutto sulla fede nel progresso. La sua famiglia, di tradizione cattolica, fa parte proprio di quella nuova borghesia di commercianti arricchiti in nome del progresso tecnico.  

È solo conoscendo i fermenti dell’epoca, e collocando le sue teorie nella prospettiva dei cambiamenti che interesseranno il secolo scorso, che si può comprendere, fino in fondo, l’evoluzione del suo pensiero. Un pensiero dinamico e sempre in contatto con i più grandi movimenti filosofici artistici e letterari della sua Parigi, che assorbe e rielabora – ci è concesso di dirlo –  per vie consce o inconsce, e integra nel suo percorso medico-psicoanalitico.

Influenze surrealiste durante gli anni folli

Se Parigi ha il primo, e duraturo influsso, su Lacan, la formazione medica, con una grande passione per la matematica, è sicuramente il secondo aspetto decisivo. Jacques inizia gli studi durante gli anni folli (gli anni ’20 a Parigi) e in questo tumulto culturale entra in contatto, giovanissimo, con le avanguardie letterarie. Dell’incontro con James Joyce, i cui testi vengono letti ad alta voce alla celebre libreria Shakespeare & Co., conserva negli anni un’influenza che si riscontrerà poi nel suo ventitreesimo seminario.

Rimane, inoltre, particolarmente impressionato dal movimento surrealista. La marcata attenzione alla psiche e al subconscio freudiano, il fondere realtà e sogno e l’uso delle libere associazioni nella loro scrittura fanno dei surrealisti una valida alternativa di matrice intellettuale allo studio della psicoanalisi, che altrimenti si sviluppa a Parigi per via medica. Si può considerare il 1926, l’anno ufficiale di nascita della psicoanalisi in Francia, in quanto proprio in questo anno viene fondata la Società psicoanalitica di Parigi. Lacan, che dopo gli studi di medicina si specializza in Psichiatria, sarà un ponte sempre teso tra le due impostazioni: tanto quella medica, quanto quella intellettuale.

La specializzazione in psichiatria e il caso clinico Aimée

Tra i suoi professori negli anni della specializzazione figurano George Dumas e Gaétan Gatïan de Clérambault. Quest’ultimo, che Lacan riconosce come il suo unico maestro di Psichiatria, condizionerà i successivi studi di Lacan sullo stadio dello specchio, più per un fatto personale che per il suo insegnamento. Infatti, Clérambault, con un atto drammatico e teatrale, si toglierà la vita proprio davanti ad uno specchio.

Dei suoi studi ci resta uno dei pochi scritti sistematici e integrali nella produzione di Lacan – che altrimenti ha lasciato solo scritti inediti oltre ai celebri Seminari –. La sua tesi di dottorato, del 1932, dal titolo Della psicosi paranoica nei suoi rapporti con la personalità, è un riavvicinamento a Freud. Qui, viene trattato il caso clinico noto come il caso di Aimée. La tesi sarà notata e apprezzata dal surrealista Dalì.

Aimée è lo pseudonimo di Marguerite Pantaine, una paziente ricoverata al manicomio di Sainte-Anne – dove è appunto entrata in contatto con il giovane specializzante Jacques Lacan – per aver tentato di uccidere una nota attrice di teatro. Il giovane studente cerca di comprendere le cause del delirio della paziente, più che trovare una spiegazione di natura organica, come prevedeva la psichiatria medica dell’epoca.

Jacques Lacan mette in relazione la psicosi – fino ad allora considerata in soli termini di medicina organica – con il concetto di personalità che attinge a nozioni filosofiche e suggeriscono un processo dinamico nell’identità del soggetto. In questo quadro evolutivo e di sviluppo, grande peso è attribuibile alle relazioni di natura sociale, per questo Lacan indaga nella storia della paziente e i rapporti con la sua cerchia.

Influenze filosofiche

Come si evince anche dalla tesi di dottorato, Jacques Lacan subirà l’influsso da parte del mondo filosofico. Attraverso il filosofo Alexandre Kojève approfondirà la fenomenologia hegeliana, cogliendo soprattutto gli aspetti del tema della dialettica servo-padrone e del desiderio nella sua successiva produzione. In particolar modo in tema del desiderio – uno dei pilastri del pensiero lacaniano – viene sviluppato da Jacques Lacan lasciandosi ispirare dalle idee di un altro filosofo, con il quale entra in contatto in questo periodo: Martin Heidegger. Partendo dall’idee di Hegel e Heidegger costruirà una sorta di metafisica dell’uomo come soggetto desiderante, mosso da una costitutiva mancanza.

Psicanalista Jacques Lacan

Sempre negli anni trenta, frequenta Bataille e l’esule Walter Benjamin. Inoltre stringe amicizia con i filosofi esistenzialisti Sartre e Simone De Beauvoir, che continuerà a frequentare durante gli anni della seconda Guerra Mondiale e anche dopo. È la coppia a introdurlo a Merleau-Ponty, dal quale prenderà spunto per le sue teorie sulla soggettività e sulla relazione tra interno e esterno nel soggetto. Nel secondo dopoguerra lavorerà ai suoi seminari sui celebri casi clinici freudiani: L’uomo dei lupi e L’uomo dei topi.

La rottura con la società psicoanalitica

Nel 1953 si verifica un evento deciso per la carriera di Jacques Lacan. A causa di alcune dispute metodologiche – in particolar modo sulla durata fissa di 50 minuti di seduta che Lacan vorrebbe invece di tempo variabile – esce dalla Società psicoanalitica di Parigi. Jacques Lacan motiva la sua metodologia di tempo variabile con il bisogno di interrompere la seduta proprio nel momento in cui il paziente arriva a formulare un discorso di particolare importanza. In questo scenografico cliffhanger, la rottura è volta a marcare le parole del paziente.

Il periodo più produttivo: iniziano i seminari

Sempre nel 1953 inizia ad dare una serie di lezioni all’Istituto di Sainte-Anne, che sarà ricordato come il primo – di ventisei –  Seminari lacaniani. Il successo di questi seminari vedrà la loro partecipazione estendersi agli intellettuali più influenti del tempo. E soprattutto da questo momento, e per i prossimi 26 anni, che Lacan dominerà la scena psicoanalitica in Francia.

Sono di questo periodo le sue teorie sul rapporto tra linguaggio e psicoanalisi – in ottica strutturalista –, sullo schema ottico in relazione alla teoria sullo stadio dello specchio e sul concetto di Reale.

Quest’ultimo concetto costituisce, insieme all’immaginario e al simbolico, la triade delle categorie della psicoanalisi lacaniana. Dove per ognuna corrisponde un determinato settore:

  • Immaginario è legato allo stadio dello specchio, cioè al momento in cui l’infante riconosce la propria immagine allo specchio.
  • Simbolico è legato alla sfera linguistica, così come viene intesa dai strutturalisti, cioè nelle relazioni tra significanti. In questa fase si ha un’elaborazione dell’immagine individuale – ancora frammentaria – attraverso il linguaggio.
  • Reale è il sovrappiù del simbolico. Lo scarto irriducibile e inconoscibile che torna a manifestarsi per vie traverse, come nelle allucinazioni.

La scuola freudiana di Lacan

Nel 1963 viene espulso anche dalla Associazione psicoanalitica internazionale (IPA), sempre per gli stessi motivi, principalmente la durata della seduta psicoanalitica. Fatto che lo induce ad aprire la propria scuola di psicoanalisi con il nome: Scuola freudiana di Parigi. È legato a questa occasione la registrazione su nastro della sua voce, con la quale invita i suoi allievi a partecipare e proclama la necessita di un ritorno alle teorie freudiane. Il suo rinnovato interesse per Freud si concreta anche nella collaborazione con la casa editrice Seuil, per la quale curerà, dal 1964, la a collana Le champ freudien.  

Il rapporto di Lacan con lo strutturalismo

Nel 1966 viene invitato dal linguista Jakobson a tenere un ciclo di conferenze negli Stati Uniti. A Baltimora partecipa ad un congresso degli strutturalisti e entra in contatto anche con Derrida. Tra il filosofo decostruzionista e il nostro psicanalista nascerà un’osmosi di idee. I due, da questo momento, non smetteranno di influenzarsi reciprocamente nel corso delle loro carriere.

Jacques Lacan figura tra i massimi esponenti dello strutturalismo. Abbiamo già visto come la categoria del Reale sia intrinsecamente strutturalista, proprio per quel suo considerare questa categoria, inerente al linguaggio, come scomponibile in unità, che intrattengono rapporti l’uno con l’altro – si pensi al rapporto differenziale che i segni intrattengono tra di loro secondo il padre della linguistica Ferdinande De Saussure –. Gli strutturalisti interpretano, infatti, la realtà come una struttura, un sistema di relazioni, i cui termini esistono non in quanto singoli unità, ma solo nel loro rapporto, nell’ecosistema generale che li soprassiede.

Venti di contestazioni a Parigi

Jacques Lacan da sempre, figlio del suo tempo, centro nevralgico di quelle strutture – o meglio sovrastutture storico sociali – che ne influenzeranno il suo pensiero, si ritroverà preso nella bufera quando su Parigi si abbatteranno i venti rivoluzionari della contestazione studentesca del ’68.

Oltre alle critiche verso la politica, i giovani contestarono gli aspetti socio-culturali imperanti, imputati di portare avanti una visione ristretta e autocratica della società basata sul tradizionalismo, l’imperialismo e il consumismo. Le ribellioni, che si estendono ben presto al mondo operario, mirano a scardinare le vecchie strutture. Lo strutturalismo rimane anch’esso impigliato in questo vento di protesta.

Jacques Lacan, nella sua duplice posizione di strutturalista e sostenitore di De Gaulle, è negli occhi dei contestatori parte del problema. Verrà perciò costretto ad abbandonare la sede abituale dei suoi seminari all’École Normale e a trasferirsi in un’altra aula. Sebbene lui cerchi di rimanere fuori dai tafferugli, dialogherà con Daniel Cohn-Bendit.

Le ombre sugli ultimi seminari di Jacques Lacan

Dagli inizi degli anni ’70 Lacan ritorna ad interessarsi di Matematica, infatti il suo ventesimo seminario, svoltosi tra il 1972  e il ‘73, verte proprio sulla trasposizione di alcune teorie matematiche nell’ambito psicoanalitico. Queste teorie interessano i nodi, in particolar modo quello di Borromeo – un insieme di tre cerchi annodati tra loro in modo che il taglio di uno separa gli altri due –.

La difficoltà dei seminari di Lacan va con gli anni progressivamente crescendo, fino ad arrivare ad un punto di incomprensibilità totale – per i neofiti – negli ultimi. Da qui gli deriverà “la fama” di enigmatico e oscuro che lo caratterizza tuttora. E che gli valse anche, d’altra parte, l’epiteto di ciarlatano, da parte dei critici che trovano le sue teorie nebulose e la sua prosa barocca e autoreferenziale, di difficile lettura e vuota di sostanza.

Accompagnata a un graduale peggioramento della sua salute, anche la sua scuola di psicoanalisi va degradandosi, coinvolta da divisioni interne, tanto da giungere al suo scioglimento nel 1980. Nel 1981, mentre in Francia si insedia il governo di Mitterrand e la pena di morte viene finalmente abolita, Jacques Lacan si spegne, precisamente il 9 settembre 1981, a causa di un tumore all’intestino. Jacques Lacan morirà a Parigi, nella sua città natale da sempre complice e testimone della sua vita, sempre vissuta a pieno, e della sua carriera, straordinaria nella sua ambivalenza.

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