Trama – A ridosso del lago di Bracciano e all’ombra della madre Antonia, una donna tanto forte e determinata quanto intransigente e severa, assistiamo alla crescita di una millennial. Il suo nome è Gaia e sua è la narrazione in prima persona di L’acqua del lago non è mai dolce, anche se, agendo quasi per sottrazione rispetto alla presenza assoluta della madre, il nome non ci verrà rivelato che in una sola occasione, verso la fine del romanzo.
La prima parte del libro è dedicata appunto ad Antonia (la rossa) e al suo disperato e ostinato tentativo di dare una casa al suo nucleo familiare, marito invalido e 4 figli, di cui regge con tenacia le redini.
Gaia, dal canto suo, cerca di farsi spazio tra la presenza ingombrante della madre e il mondo che sta cambiando troppo in fretta per poter stare al passo. Mancando dei mezzi economici e di una guida amica che possa accompagnarla nella sua crescita, Gaia si arrangia come può e troverà, sempre più spesso, nell’attacco il solo modo per difendersi e farsi strada, appunto, a gomitate. Al bullismo, ai piccoli tradimenti adolescenziali reagirà con un crescendo di violenza. Quella promessa di rivalsa sociale, che la madre aveva ritenuto possibile attraverso i libri e la scuola, stenterà a concretarsi, perché l’acqua del lago, così come la vita, non è dolce ma incandescente come benzina.
Lo stile in L’acqua del lago non è mai dolce
La narrazione in prima persona e l’uso del tempo presente danno un effetto di narrazione non mediata; il lettore diventa uno spettatore diretto dei fatti che accadono proprio sotto i suoi occhi. Alla sensazione di mancanza di uno schermo protettivo – quale viene prodotto da una narrazione dei fatti con i verbi al passato – si aggiunge l’incalzare della sintassi, con frasi brevi e quasi senza subordinate.
Il lettore si ritrova con il fiato corto, in apnea, e anche i dialoghi non danno la possibilità di riprendere fiato; anzi, anch’essi vengono ingurgitati nella narrazione invece di tagliare con essa. Forse come contrappunto alla sensazione di nuda immediatezza, ho apprezzato il linguaggio un po’artificioso e ricco di metafore che abbellisce e contraddistingue lo stile di scrittura dell’autrice.
L’acqua del lago non è mai dolce è un romanzo generazionale
Primi anni duemila. Sono finiti gli anni in cui si era felici con poco. Il consumismo e il progresso tecnologico hanno, prepotentemente e globalmente, occupato il posto delle ideologie politiche e dei valori assoluti. Questi sono gli anni in cui il metro di giudizio per stabilire chi è cool, a scuola, è dato dai vestiti e dalla moda – come quella delle scarpe Nike da cambiare una volta a settimana-. Se è vero che l’apparire e l’avere sono il nuovo Dio, allora chi non ha si sente sprofondare in un vuoto in cui niente ha più senso.
Gaia, che non possiede vestiti firmati, né un cellulare, né un televisore, e nemmeno una vera casa, si ritrova nell’impossibilità di colmare questo vuoto. Un vuoto che sembra portarle via ogni gioia e emozione, fino a lasciarla in uno stato di anestetizzante mancanza di empatia nei confronti di chi le sta attorno. La bussola per orientarsi, probabilmente, non manca solo a Gaia, ma a tutta una generazione.
Con L’acqua del lago non è mai dolce la Caminito coglie nel segno nell’inquadrare una generazione ponte tra il vecchio secolo e il nuovo Millennio, con l’infanzia fatta di giochi all’aperto e tutta la semplicità e stabilità degli anni ’90 e l’adolescenza nei primi anni del 2000, incollata agli schermi dei cellulari e delle prime chat su MSN e Facebook. Un’età adulta, poi, che stenta ad arrivare a causa delle crisi economiche, delle difficoltà a inserirsi nel mondo del lavoro e dell’instabilità, qualcuno la chiama flessibilità, che ha caratterizzato il mondo dei millennials. Una generazione “liquida” di speranze infrante che sta ancora cercando la sua strada.
Tradimenti
È pieno di tradimenti L’acqua del lago non è mai dolce. Quello di un’amica che non rispetta i sentimenti dell’altra, quello del ragazzo infedele che ha un’avventura con l’amica e poi ci sono gli altri tradimenti, più radicali, forse più dolorosi, perché non passano con il tempo e logorano, fino a rovinare la vita. Quelli delle istituzioni che dovrebbero aiutare i più poveri, ma preferiscono riempire le proprie tasche, piuttosto. E quelli della scuola e dell’Università, che da templi dell’istruzione e promesse di rivalsa sociale, si rivelano nel mondo reale, in cui conta l’esperienza, solo un inutile pezzo di carta.
Cosa ci fai con questa laurea? Cosa ci fai?
Niente.
Niente? Non esiste niente, con ogni cosa se ne fa un’altra, ora cerchi un modo, vai alla segreteria, vai dove devi andare, stai là finché non hai risolto.
Non vado da nessuna parte, li odio tutti, rispondo e rivedo gli annunci affissi, i seminari, i numeri di telefono per l’affittacamere, gli schedari della biblioteca, i computer sempre occupati […] e mi ricordo una frase di quel matto di Samuele che per qualche motivo non ho mai dimenticato: il mondo sta per finire, la luna è caduta stanotte. In poche parole, non c’è niente da fare, ci si arrende, è la disfatta, ci hanno beffati.L’acqua del lago non è mai dolce
Poi lo vedo, è dritto e robusto, il mio dizionario, se ne sta lì placido, non teme giudizi o cattiverie. Allora lo assalto, perché è stato lui il primo a mentirmi, a farmi credere che con le parole avrei cambiato la mia vita, l’avrei riscritta, narrata in prima persona e invece no, sono sempre gli altri a raccontarci, sono loro che trovano le nostre definizioni, le nostre parentesi quadre, le radici da cui proveniamo.
L’acqua del lago non è mai dolce di Giulia Caminito
Gaia la “bad girl”
Il personaggio di Gaia non l’ho amato, del resto come avrei potuto? Lei stessa non si ama. Certo ne ho compreso le paure di non essere all’altezza, i turbamenti e le delusioni, anche la rabbia, se vogliamo, ma la massiccia violenza e mancanza di empatia che investe la figura della protagonista… quella no. Gaia resta un personaggio che si rigetta, un carattere in cui è difficile immedesimarsi pienamente. Qui ho avuto l’impressione che la Caminito volesse rappresentare un personaggio cliché alla bad girl, estremo seppur coerente con la narrazione. Negli eccessi di violenza ho sentito quasi l’artificiosità del personaggio.
Il lago e il paese
Un’altra grande protagonista di L’acqua del lago non è mai dolce è Anguillara Sabazia. Il paese con alcuni suoi angoli particolari viene descritto, questo sì, con estremo realismo. Soprattutto nella rappresentazione dei luoghi e anche nella descrizione della vita da pendolare emergono i tratti più sentitamente autobiografici. Nelle belle pagine finali, è Giulia a prenderci per mano e a condurci in un nostalgico giro turistico dell’Anguillara della sua adolescenza.
L’amore per il lago, la conoscenza delle sue acque, con la varietà del suo colore e sapore mi ha fatto tornare alla mente un passo tratto da Tre sentieri per il lago dell’autrice austriaca Ingeborg Bachmann: “Anche questo lago non è più quello di una volta, non è più il nostro lago, l’acqua ha un altro sapore e ci si nuota in un altro modo. È stato nostro solo per quella mezz’ora, sotto la pioggia.” Come a testimoniare che chi cresce vicino al lago vi rimane legato, come per magia, per tutta la vita.
L’acqua del lago non è mai dolce di Giulia Caminito resta un libro forte, amaro, che scuote il lettore come con un pugno nello stomaco e ha il merito di far riflettere sulla crescita, sui sogni degli adolescenti e sulle cose che spesso non vanno come vorremmo.
Autrice: Giulia Caminito
Titolo: L’acqua del lago non è mai dolce
Casa editrice: Bompiani
Anno di pubblicazione: 2021
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