
Trama – Si apre con una scena quotidiana questo capolavoro del premio Nobel Saramago, Cecità. Una scena che è una presa diretta su uno spaccato di vita urbana banale e ricorrente: un incolonnamento di auto a un semaforo rosso, il rombo dei motori, e il piede pronto a spingere sull’acceleratore. Il chiasso ci porta nella frenesia di una metropoli moderna, una tra le tante, non ci serve nemmeno conoscerne il nome. Conta solo l’efficienza e la velocità, perché il tempo è denaro.
E quelle auto sarebbero già tutte scorrazzate via se non fosse per quell’auto che non riparte: il conducente, in preda al panico, urla perché una nube lattiginosa lo avvolge facendogli vedere tutto bianco. Così di colpo, sembra essere diventato cieco. Ecco lo straordinario irrompere prepotentemente nella banalità del quotidiano. Ma cosa gli sarà successo? Cosa accade quando l’inatteso, l’imprevedibile spezza il prevedibile?
Il lettore capirà ben presto che l’evento, per quanto assurdo e inspiegabile, è lontano dal restare un caso isolato. In pochi giorni i casi di cecità sembrano spargersi a macchia d’olio per tutta la città, come causati da un inspiegabile contagio.
I primi ciechi sono i nostri protagonisti, personaggi di cui non conosceremo mai il nome ma che verranno soprannominati come: il primo cieco (il conducente dell’auto), la moglie del primo cieco, il medico (l’oculista che visita il primo cieco), la moglie del medico (l’unica a non esser cieca, ma a fingersi tale per poter stare vicino al marito), e la ragazza dagli occhiali scuri. Verranno tutti condotti e “imprigionati” in una struttura decadente di un ex manicomio, come misura preventiva di quarantena.
Se il surreale accompagna le vicende sin dalle prime battute con l’improvvisa e immotivata cecità del primo cieco, è con le regole imposte dalla voce metallica attraverso l’altoparlante che ci rendiamo definitivamente conto di trovarci in una realtà distopica, dove il patto sociale viene meno, dove i diritti umani sanciti dalle norme e la stessa norma etica interiore sono stati sostituiti da una corte marziale, sommaria e criminale.
I ciechi vengono gettati nel ventre dell’edificio, un tempo fungente da manicomio, senza aiuti, completamente in balia di loro stessi. In questa placenta, che non ha nulla di materno, fatta eccezione per l’indistinzione primordiale, i ciechi si trovano costretti a gattonare indietro in uno stato di natura selvaggio. Esasperati dalle tragiche condizioni, immersi in questo stato di anarchia e soprattutto, mancanti della vista del volto dell’Altro – quel volto che nella filosofia di Levinas porta inciso su di sé l’imperativo categorico “non uccidere” – i ciechi dovranno reinventarsi una nuova forma di vita per poter sopravvivere.
Neanche abbiamo pensato a dirci come ci chiamiamo, e a che scopo, a cosa ci sarebbero serviti i nomi, nessun cane ne riconosce un altro, o si fa riconoscere, dal nome che gli hanno imposto, è dall’odore che identifica o si fa identificare, noi, qui, siamo come un’altra razza di cani, ci conosciamo dal modo di abbaiare, di parlare, il resto, lineamenti, colore degli occhi, della pelle, dei capelli, non conta, è come se non esistesse.
Ma se i primi ciechi riusciranno, miracolosamente – ma anche grazie all’aiuto della moglie del medico – a conservare una buona dose di empatia e socialità umana, lo stesso non si potrà dire di un altro gruppo di ciechi, i malvagi, che approfitteranno della situazione di anarchia e mancanza di riconoscimento tra co-umani per imporsi con il terrore e la violenza sugli altri. Intanto, al di fuori della struttura di internamento sotto assedio, le cose non vanno molto meglio, l’epidemia di cecità, che ha coinvolto tutta la popolazione, ha fatto sprofondare la città nel caos più assoluto. Se ci sarà ancora speranza per i nostri eroi lo scoprirete solo leggendo Cecità.
Recensione di Cecità
Un romanzo distopico e materialista
Il premio Nobel José Saramago dà vita con Cecità ad una realtà altra, che parte dalle premesse di un’epidemia come ce ne sono state tante nella storia – che saremo destinati a sperimentare sulla nostra pelle con la pandemia del covid – ma esasperata ai limite dell’immaginabile. Su questi confini Saramago sembra volerci mostrare un genere umano per lo più malvagio e egoista, che senza la mediazione della cultura, dell’empatia che si genera dalla vista del volto dell’altro, si rivela intrappolato in una cecità ben peggiore, quella dell’anima.
La creazione di questo mondo distopico, dove i corpi non solo non passano in secondo piano, ma sono il fulcro della narrazione, rimanda ad un universo materialista dove l’accento sulla fisicità, sul tatto, sul fiuto e la continua comparazione con il mondo animale sanciscono uno scivolamento verso un non più umano. L’egoismo predomina perché l’uomo è quel corpo, è la sua fama, è il suo bisogno immediato. Nient’altro vede e nient’altro conta.
Saramago nella storia
La presenza di Saramago lungo tutto il romanzo è tangibile. Se è vero che è prevalentemente attraverso gli occhi dalla nostra eroina ancora in grado di vedere, la moglie del medico, che “vediamo” lo svolgersi della trama, è anche vero che alle sue osservazioni in prima persona si affianca un narratore in terza persona, onnisciente, dal quale ricaviamo piccole anticipazioni ( o almeno allusioni a ciò che avverrà). Inoltre questo narratore assume molto spesso il ruolo di commentatore. Un commentatore etico, che si erge al di sopra delle vicenda e dà giudizi morali riflettendo sulla condizione umana.
Oltre a queste massime, Saramago si ritaglia un piccolo posticino all’interno di Cecità nel personaggio dello scrittore che prova, anche lui da ceco, a scrivere sull’epidemia di cecità che stanno vivendo. Un elemento postmodernista che si unisce al tutto.
Un barlume di luce nella cecità
La malvagità, l’egoismo, la violenza sono sicuramente una parte incontestabile nella società apocalittica che si prospetta nella città dei ciechi. Tuttavia sembra che Saramago voglia offrire ancora una possibilità di redenzione alle società. Messaggera e portatrice di un messaggio positivo è sicuramente la moglie del medico ma anche altri come la ragazza con gli occhiali scuri e perfino la sua vecchia vicina.
Ai confini dell’umanità si intravede anche la possibilità di organizzarsi in nuove forme di vita. A segnalare il fatto che, se il mondo non è più possibile così come lo abbiamo conosciuto, l’uomo animale abitudinario ma adattativo, saprà trovare nuovi modi, nuove possibilità, persino nell’indistinzione di quel bianco accecante.
Scheda del libro Cecità

Titolo: Cecità
Autore: José Saramago
Casa editrice: Feltrinelli
Anno di pubblicazione: 1995, 1996 (Prima pubblicazione in Italia)
Numero di pagine: 276
Traduzione di Rita Desti
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