
Un’amicizia
A volte si arriva per vie traverse ai libri. Non che il motivo che ci ha spinti a scegliere un determinato libro piuttosto che un altro sia particolarmente importante, alla fine è l’esperienza letteraria che conta. Il nipote di Wittgenstein, ad esempio, è il mio primo incontro con Thomas Bernhard, un autore che da tempo mi riproponevo di leggere e a cui ora giungo, imboccando quelle vie traverse che ci capita di seguire, per quel Wittgenstein del titolo.
Il Wittgenstein a cui fa riferimento Thomas Bernhard è Paul Wittgenstein, nipote del nostro amato Ludwig. Ma l’aspettativa di ritrovare aneddoti o storie sul padre della teoria dei giochi linguistici non viene completamente delusa. Infatti, sebbene il libro sia dedicato all’amico dell’autore, non mancano i riferimenti alla famiglia Wittgenstein e al famoso zio.
Il nipote di Wittgenstein è, come dice il sottotitolo, la storia di un’amicizia. Un’amicizia intensa, spirituale, singolare, Thomas Bernhard la racconta con uno stile di scrittura martellante per le sue continue ripetizioni di parole e concetti. E nel raccontarla narra anche di sé, delle passioni comuni e del loro amore-odio per quella borghesia viennese, da cui anche lo stesso Ludwig Wittgenstein era fuggito.
Trama – Thomas Bernhard e Paul Wittgenstein sono amici già da tempo quando entrambi si ritrovano nella clinica dell’Altura Baumgartner. Entrambi sono gravemente malati, Thomas Bernhard ha un tumore al polmone con poche probabilità di remissione. Paul Wittgenstein è al suo ennesimo ricovero nel Padiglione Ludwig, quello riservato ai pazienti con problemi psichiatrici. I due amici sono uniti anche in questo, entrambi portano una ferita profonda e complementare che si riprende e recidiva a fasi alterne. Ma l’esperienza della malattia, seppur sia un collante che permette all’uno di comprendere meglio l’altro, è ben lontana dall’essere la sola cosa che li unisce.
La musica classica, quella celebrata nei più grandi teatri d’Europa è la passione “esclusiva e spietata” di Paul Wittgenstein che ritiene, senza ombra di dubbio, che sia il Teatro dell’opera di Vienna il più grande di tutti. Paul e Thomas ne discutono, accanto ad altri temi come la filosofia, nei loro interminabili incontri al caffè Sacher. Qui, nel centro di Vienna osservano, analizzano, sparlano, soprattutto, condividono la stessa Weltanschauung.
Pian, piano, digressione dopo digressione, i ricordi sparsi dell’autore prendono forma ricostruendo il ritratto di un uomo stravagante, amante del lusso, poco attento alle sue finanze, che ha in gran parte sperperato senza freni, in lotta con la sua prestigiosa famiglia – una delle più ricche di Vienna – che lo considera come la pecora nera e non esita a farlo ricovera in manicomio ogni volta che la sua eccentricità diventa incontenibile.
Ma accanto a questi dati di fatto Thomas Bernhard aggiunge le sue personali riflessioni sull’amico. In questa intima elegia è lo spirito dell’amico che viene celebrato. Per la sua bontà d’amico, per la sua capacità di esser franco anche quando la verità appare brutale e, non per ultimo, per il suo essere un maestro di vita. Ecco l’aura di unicità che avvolge, infine, quest’uomo geniale che fu Paul Wittgenstein.
Tra malattia del corpo e dell’anima
Il nipote di Wittgenstein fu pubblicato nel 1982 e si può dire che appartiene agli scritti della maturità artistica dell’autore, il quale si spegnerà qualche anno dopo, nel 1989, all’età di 58 anni. La morte, una spada di Damocle pendente su tutto il corso della sua vita, sopraggiunge a causa di complicazioni cardiache derivanti proprio da quel tumore di cui narra all’inizio di questa storia.
Un po’ per la cattiva salute con cui fu costretto a vivere, un po’ per la cattiva salute mentale dell’amico Paul, Il nipote di Wittgenstein è, in parte, un libro sulla malattia. Ad esso Thomas Bernhard affida le sue riflessioni sull’esser malato, sul rapporto tra malato e persona sana e sulla follia che albergava anche in lui. In ultima istanza descrive la vita stessa del suo amico – dei suoi ultimi anni, quando ormai il decadimento economico, fisico e mentale ne aveva avuto la meglio – come un lento cammino verso la morte. Una morte da cui, tra sensi di colpa e presa di coscienza, Thomas Bernhard ammette di essersi voluto allontanare.
Noi evitiamo gli uomini segnati dalla morte e anch’io ho ceduto a questa infamia. Durante gli ultimi mesi della sua vita, ho consapevolmente evitato il mio amico per ubbidire a un basso istinto di autoconservazione, e questo non me lo perdono.
– Il nipote di Wittgenstein
Da queste parole emerge lo strazio dell’amico, che sente di aver fallito nell’adempiere al suo compito. Nella quarta di copertina si dice a questo riguardo. “Quando Paul Wittgenstein morì, solo otto o nove persone andarono al suo funerale. In quel momento, Bernhard era a Creta. Ma, in certo modo, questo libro ha preso il posto di quel discorso che non venne mai pronunciato.” Ecco tracciato perfettamente il senso ultimo di questo omaggio alla memoria dell’amico.
Scheda del libro Il nipote di Wittgenstein

Titolo: Il nipote di Wittgenstein
Autore: Thomas Berhard
Casa editrice: Adelphi
Anno di pubblicazione: 1989
Numero di pagine: 132
Traduzione di Renata Colorni



