
Una premessa
Il lupo della steppa è un libro a cui il lettore si dovrebbe approcciare tenendo ben presenti, e opportunatamente rispettando, due condizioni.
La prima è la predisposizione d’animo. Il lettore che si trovi in una fase della propria vita coronata di successi, tra cui il più grande di tutti la pace interiore, temo possa sentirsi tediato dal libro e sia indotto a lasciarne da parte la lettura. Al contrario, il lettore che abbia la sfortuna di trovarsi in una fase che potremmo definire di vuoto o crisi esistenziale avrà sicuramente la capacità di empatizzare con il personaggio. Ma mi domando se non sia per lui deleterio, se non si possa, forse, sentire risucchiato in quel suo vortice nero.
Perciò, essendo Il lupo della steppa un libro tutt’altro che neutrale, mi sembra giusto dire che il lettore ideale di questo libro sia colui o colei che ha già assunto una certa maturità come lettore e, con essa, quella corrispondente capacità di entrare e uscire dalla storia, non certo con indifferenza, ma con un tantino di consapevolezza di sé e della materia letteraria.
La seconda condizione è l’aspetto razionale, che poi è indissolubilmente legato al primo aspetto, ma sarebbe meglio definirlo irrazionale. Se ci sono dei libri che si leggono “di testa”, intendendo con questo i libri che seguono un filo logico, Il lupo della steppa è, piuttosto, un libro che si legge ad un livello non manifesto, simbolico e filosofico, accentandone le assurdità, non forzandolo e apprezzandone la bellezza estetica e, soprattutto, il messaggio tra le righe.
Riassunto de Il lupo della steppa
Quello che serve per comprendere la trama viene svelato fin dalle prime pagine da una cornice narrativa in cui troviamo uno pseudo curatore del libro che si presenta come il nipote della signora che ha dato in affitto, per un certo periodo, una mansarda ad uno strano tipo di nome Harry Haller. Quest’ultimo, a detta del curatore, sarebbe l’autore del manoscritto che segue alla sua presentazione.
La premessa del curatore ha anche un po’ la funzione di avvertire il lettore sul carattere del misterioso e solitario Harry e sulla dubbia veridicità dei fatti che verranno narrati.
Ad essa segue il romanzo vero e proprio, che custodisce al suo interno un’ulteriore scatola narrativa, un testo nel testo, che va sotto il nome di “dissertazione sul lupo della steppa”.
Chi è il lupo della steppa?
L’esplicazione del titolo non si fa aspettare. Già a partire dalla prefazione del curatore viene introdotto il termine “lupo della steppa” per indicare la personalità di Harry Haller. Questo concetto, ben lontano dall’esaurirsi con la prima spiegazione, tende ad essere il filo conduttore di tutto il romanzo.
Harry Haller si definisce come lupo della steppa, che è un po’ come dire solitario, poco socievole, sente di essere diviso in due nature, uomo e lupo, cultura e istintualità animale. Questa spaccatura lo porta a soffrire pene indicibili e a rimuginare se non sia il caso di terminare la sua vita. Per questo suo soffrire, che lo rende quasi malato, il curatore, che lo reputa un grande intellettuale, lo definisce “un genio della sofferenza”.
Chiaramente, l’uomo è un outsider, uno di quelli che si estranea così tanto dalla società – senza poterne naturalmente mai uscire del tutto – da poter cogliere uno sguardo più ampio su di essa. Da questa sua società, in particolare quella borghese, si sente allo stesso tempo attratto e disgustato. Haller critica la borghesia per la sua stucchevolezza, per la sua cecità e per la sua mediocrità ma, allo stesso tempo, si rifugia volentieri nel confortante odore di pulito e nella bellezza di un’araucaria.
Trama delle memorie
Harry racconta in prima persona della sua vita ritirata nella sua mansarda in affitto. Qui, si dedica alla sua vita spirituale nel tentativo di purificarsi dai suoi istinti e medita il suicidio come ultimo sedativo alle sue pene.
Una notte girovagando per la città gli sembra di vedere un’insegna a caratteri mobili con la reclame “Teatro magico. Ingresso non per tutti. Solo per pazzi”. In seguito, vede un uomo per strada che gli consegna un libretto, questo è Il trattato del lupo della steppa e sorprendentemente sembra proprio parlare di lui, della sua natura depressa e delle sue convinzioni. Questo trattato sembra volerlo pungolare, riscuotere, e infine, lo esorta a cercare il teatro magico per guarire dalla sua malattia dell’anima.
Un’altra sera, dopo uno scontro verbale durante una cena da un conoscente, un professore borghese di idee reazionarie e pro-belliche, trova rifugio in uno di quei locali notturni, che lui solitamente detesta, dove si suona musica jazz e si balla il foxtrott. Qui fa la conoscenza della giovane e intelligente Erminia. Sarà lei a dissuaderlo dai pensieri di suicidio e ad introdurlo ad un nuovo stile di vita, vertiginoso, fatto di piaceri della carne, droghe allucinogene, balli e feste in maschera.
A questo punto delle memorie la narrazione da introspettiva devia verso una strada ingarbugliata, il surreale prende la meglio e si intreccia con la dimensione onirica-allucinogena. Quest’ultima gli permette persino di intraprendere una vivace conversazione con i suoi idoli del mondo artistico letterario, Goethe e Mozart.
Con la riscoperta di questo nuovo Harry, e sotto la saggia guida di Erminia, il protagonista è disposto a riconoscere che il suo essere non è diviso in due parti contrapposte e incompatibili come pensava un tempo ma che è piuttosto una moltitudine di io frammentati e sfaccettati a caratterizzarlo. Nella prospettiva di abbracciare il suo io con umorismo e talvolta leggerezza sembra trovarsi la chiave per rendere la vita sopportabile.
Il ritratto di un’epoca
Haller è uno di quelli che vengono a trovarsi fra due epoche, che hanno perduto ogni protezione e innocenza, uno di quelli che il destino costringe a vivere tutte le ambiguità della vita umana come sofferenza e inferno personale.
– Il lupo della steppa
Il lupo della steppa è un libro folle, sui folli anni Venti. La città in cui è ambientato non è mai nominata, ma si potrebbe benissimo riferire ad una città tedesca – nazione da cui proviene l’autore – o svizzera – paese in cui Hesse trovò una seconda patria. In particolar modo Basilea viene spesso ipotizzata. Quel che è certo, Hermann Hesse con Il lupo della steppa riesce a tracciare un fedele ritratto dell’epoca.
In questa Europa centrale alla ricerca della sua nuova identità, c’è tanto di quell’atmosfera degli anni ruggenti de Il grande Gatsby e ci sono anche diversi riferimenti alla situazione socio-politica dell’epoca.
Gli anni Venti furono, infatti, una fase di transizione tra le due guerre mondiali, ma anche un tentativo di guarire dai traumi della guerra con l’eccessiva lascità dei costumi. Intanto, sul piano politico, il nazionalsocialismo si preparava a salire al potere, la propaganda di partito era già ben attiva inneggiando alla patria e alla necessità di ritornare alla guerra.
Hermann Hesse, o se vogliamo il suo alter ego e protagonista Harry Haller (si notino le doppie iniziali H. H. tanto nell’aurore quanto nel protagonista), fa scivolare un messaggio di pace tra le righe delle sue memorie. Un messaggio che non è rimasto inascoltato e che lo renderanno un autore di riferimento tra le generazioni successive del movimento pacifista e hippy.
Inoltre, degli anni Venti Hermann Hesse riesce a cogliere le riflessioni sull’io della sempre più influente psicoanalisi freudiana e junghiana, di cui lui stesso fu paziente in terapia. Affermandosi così tra gli autori che per primi seppero vedere una strada che congiunge letteratura e ricerca di quel frammentato io che chiede di essere guarito.
Scheda del libro Il lupo della steppa

Titolo: Il lupo della steppa
Autore: Hermann Hesse
Casa Editrice: Oscar Mondadori
Anno di pubblicazione dell’edizione letta: 2024
Anno pubblicazione prima edizione: 1927
Numero di pagine: 228



