L’Amante di Marguerite Duras

L'amante di Marguerite Duras

La storia della mia vita non esiste. Proprio non esiste. Non c’è mai un centro, non c’è un percorso, una linea. Ci sono vaste zone dove sembra che ci fosse qualcuno, ma non è vero, non c’era nessuno.

L’Amante di Marguerite Duras

Trama – Una donna in là con gli anni racconta, ancora una volta, dei suoi anni nell’Indocina francese, dove ha trascorso l’infanzia e la prima giovinezza con la sua famiglia, composta da coloni francesi dispossessati. Ai ricordi, confusi e senza una linearità temporale, della sua famiglia dissestata e infelice, aggiunge la rievocazione del suo primo amante. Un ricco miliardario cinese di 27 anni, quando lei ne aveva solo 15 e mezzo.

In questa cartolina sbiadita dell’Indocina degli anni ’30, è lei il ricordo più a fuoco: una ragazzina sul parapetto di un traghetto sulle acque del fiume Mekong che la sta riportando al collegio di Saigon. Indossa un vestito di seta consunto e scollato, che mette in risalto le sue forme in erba, porta delle scarpe eleganti con il tacco e un cappello a tesa maschile.

È nella povertà e audacia di quel vestito e nell’originalità di quel cappello che si condensa la personalità della ragazzina bianca: provocatoria e anticonformista sì, ma anche abbandonata a se stessa da una madre assente, che guarda solo ai vantaggi che potrà trarre dal potere seduttivo di questa figlia. Una lolita consapevole dell’effetto che ha sugli uomini, primo fra tutti il miliardario cinese di questa storia, L’amante appunto.

Il rapporto tra i due si rivelerà da subito socialmente sbilanciato e quindi proibito, ma, in una maniera che risponde alle sole leggi del cuore, complementare. La bambina bianca è giovanissima ma già cinica nei confronti dell’amore; pur essendo molto povera, appartiene ad una “razza” (il virgolettato è doveroso) ritenuta superiore.

Il cinese, nonostante sia molto più grande di lei, ha l’insicurezza che porta l’appartenenza a un’etnia oppressa e, soprattutto, ha la paura che hanno gli innamorati di perdere l’oggetto del loro amore. Ma, e qui sta la complementarietà, la protagonista è sola di una solitudine di chi non ha mai ricevuto amore in vita sua – la sua depressa madre, che si tiene a galla nella vita con pesantezza, riesce a dare amore solo al maggiore dei suoi figli; il cinese, d’altra parte, vuole amare. È così che, senza avere alcuna pretesa, pur volendo rigettare quel sentimento che non conosce, la ragazzina accoglie l’amore che il cinese vuole darle. 

In questo suo rimescolare le carte, Marguerite Duras incorpora anche elementi della sua vita post-Saigon: la sua vita in Francia, che scorre separata e parallela a quella della madre e del temuto fratello maggiore, dei quali, almeno con il pensiero, non riuscirà mai a liberarsi.

L’amante una trama che si ripete

Marguerite Duras ripesca da un passato lontanissimo e doloroso la storia contenuta nella novella L’Amante, ma lo sentiamo che non è la prima volta che la racconta – c’erano già cenni autobiografici nel suo primo successo Una diga sul Pacifico – e, soprattutto, non è l’ultima volta che la racconterà. Nel 1991 esce L’amante della Cina del Nord. Stessa storia raccontata in maniera diversa e con più linearità.

Forse non può farne a meno. Quella scrittura che negli anni le è stata amica, salvatrice e redentrice, va di pari passo con gli aspetti più intrinseci del suo mondo. E, così, la racconta di nuovo la storia della sua disgraziata famiglia, la presenza della madre, infelice e disperata, dei due fratelli, il maggiore violento e quello minore in balia del grande. E nel raccontarlo, il doloro si fa vivo e, soprattutto, reale.

Marguerite Duras scrive L’amante nel 1984, quando ha ormai 70 anni, una fortunata carriera come scrittrice alle spalle, una vita privata fatta di dolori – i traumi familiare, la morte del figlio e del fratello – ma anche di amori. A cui non rinuncerà mai, tanto da trascorrere la vecchiaia con un ragazzo di 38 anni più giovane di lei. Lo scrittore Yann Andréa.

Ma torniamo al passato. Se c’è un modo per materializzarlo il suo passato, per renderlo tangibile, questo è nello spazio, in un luogo geografico, per l’esattezza l’Indocina di allora, l’attuale Vietnam. Il luogo in cui Marguerite Duras torna sempre con i suoi libri. È un’Indocina colonizzata dai francesi nei primi anni del secolo. Ma per Marguerite è solo l’Indocina della sua infanzia.

L’Indocina “francese” ne L’Amante di Marguerite Duras

Fiume Mekong in indocina

Questa novella, forse la più conosciuta di Marguerite Duras – le valse il Premio Goncourt 1984 e nel 1992 uscirà un’altrettanta fortunata trasposizione cinematografica –, proviene da un mondo antico, che, almeno in quella zona geografica, non esiste più. Deriva da un sistema di colonialismo accettato passivamente, e mai messo in discussione, tanto da non permettere né agli indigeni, né tanto meno alla ragazzina “bianca” di poter vedere le cose da un’altra prospettiva. Un passato in cui vige l’apartheid tra la popolazione bianca e colonizzatrice – che può usufruire dei mezzi di trasporto, delle scuole più prestigiose e di piani migliori al ristorante – e i natii del posto che al massimo possono aspirare ad essere i boys “I domestici” delle signore francesi.

L’amante risveglia un passato in cui l’amore soccombe sotto i colpi di un’ideologia che vuole solo conservare i suoi privilegi, a discapito dell’Altro.

Uno stile cinematografico

Marguerite Duras se ne intendeva di cinema. Tra le altre cose suo è il soggetto e la sceneggiatura del celebre Hiroshima, mon amour. Perciò non sorprende che leggendo L’amante si abbia quasi l’impressione di trovarsi in un film dai toni onirici. Più che una novella L’amante è un mettere insieme una serie di sequenze, di immagini più o meno a fuoco,  di pensieri più o meno lasciati impliciti. 

All’intimità della forma personale Io, si sostituisce, in alcuni passi, l’impersonale narrazione in terza persona, quasi a voler provare ad aggiungere un certo distacco, a voler tenere un campo lungo, un’inquadratura che le permetterebbe di abbracciare se stessa, gli eventi e i luoghi ponendoli sullo stesso piano. Ma il tentativo non riesce. Non può mantenerlo quel distacco, ecco che la macchina da presa restringe l’inquadratura, zooma ancora verso lo sguardo della bambina bianca. È di nuovo lei e il suo mondo interiore a essere messi a fuoco.

L’Amante di Marguerite Duras è un ricordo, dolce e insieme burrascoso, cullato dalle acque di un mare tanto straniero quanto familiare. In un’immagine in cui inizio e fine di una storia, forse d’amore, coincidono, il traghetto sulle acque del fiume Mekong si dissolve nell’immagine di quella nave che parte per solcare le acque dell’oceano. Un cerchio che si chiude, per assicurare alla bambina bianca un ritorno a casa. Salvo poi scoprire che, forse, la casa stava lì, in un luogo e un tempo che c’era, è stato, e ora non esiste più.

Anche lei, quando la nave aveva lanciato il primo addio, quando era stata tolta la passarella e i rimorchiatori avevano cominciato a trainarla, ad allontanarla dalla terra, aveva pianto. Lo aveva fatto nascondendo le lacrime, perché lui era cinese e non si doveva piangere quel genere di amanti, nascondendo alla madre e al fratellino il suo dolore, senza lasciar trasparire niente, come erano abituati a fare tra di loro.

L’amante di Marguerite Duras

Copertina L'amante trama e recensione

Titolo: L’amante

Autore: Marguerite Duras

Prima edizione italiana: Feltrinelli, 1985

Numero Pagine: 128

Edizione originale francese: L’amant de Marguerite Duras, éditions de Minuit, 1985.

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Questo articolo ha 2 commenti

  1. Bruna

    Che bella l’idea della cartolina dell’Indocina. Io vidi il film anni fa e sto considerando di leggere il libro.

  2. giochilinguistici.it

    Grazie. L’ho visto anch’io il film. Il libro lo consglio. La sua forza sta nella potenza della scrittura. L’importante è non aspettarsi una narrazione lineare e incentrata sugli amanti, come invece, mi sembra di ricordare, accade nel film.

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