
Tertuliano Máximo Afonso è il protagonista de L’uomo duplicato di José Saramago. Un protagonista che, nonostante la singolarità del suo nome, vive una vita consuetudinaria e anonima. Fa il professore di Storia, è divorziato e senza figli e conduce una relazione aperta con Maria de Paz, che si trascina più per la pazienza e la buona volontà di lei, che non per il desiderio dell’uomo. La casa è tenuta in ordine dalla vicina nei giorni prestabiliti, i pasti che consuma sono alternati da cibi in scatola o i piatti del ristorante vicino casa, sempre lo stesso. Le poche telefonate alla madre e i suoi libri di Storia antica sembrano essere il suo unico passatempo.
Il cambiamento nella vita di Tertuliano giunge inaspettato quando, seguendo il consiglio di un collega, che vuole essere un diversivo al suo letargico stato, noleggia un film e si accorge che uno degli attori secondari è identico a lui. Non solo somigliante, ma letteralmente identico a lui. Il consiglio del collega di non dare peso alla cosa giunge sordo alle orecchie di Tertuliano, che da questo momento in poi sembra non aver altro scopo che trovare il suo doppio. La perdita dell’unicità, che il suo nome non è riuscito a garantire, lo getta, infatti, in un profondo sconforto. La domanda che l’assilla è proprio “e se non esistessi come essere unico, ma solo come doppio di un altro?”
Tertuliano decidere di mettere in atto una strategia per conoscere il nome e l’indirizzo dell’uomo con la sua stessa faccia e non esiterà nell’usare Maria de Paz per raggiungere il suo scopo. Una volta trovatosi faccia a faccia, per così dire, con la sua stessa faccia che corso prenderà la vita di Tertuliano?
Non sono certo qui per rovinarvi la sorpresa del finale, o anticiparvi i twist inaspettati e sorprendenti che vi faranno girare le pagine a grande velocità. Ciò che è lecito anticiparvi è che il potere immaginifico di José Saramago non delude. Con una trama semplice ma efficace, che ben si presterà nell’adattamento cinematografico del thriller Enemy del 2014, Saramago crea una storia metropolitana dell’uno, nessuno e centomila che si nascondono nell’anonimità delle città. Il vaso di pandora che L’uomo duplicato scoperchia è l’inquietante perdita dell’identità del singolo.
Uno stile Postmoderno
Sappiamo tutti che ogni giorno che nasce è il primo per alcuni e sarà l’ultimo per altri, e che, per la maggioranza, è solo un giorno in più. Per il professore di Storia Tertuliano Máximo Afonso, il giorno in cui ci troviamo, o siamo, non essendoci alcun motivo per pensare che sarà l’ultimo, non sarà neppure, semplicemente, un giorno in più. Diciamo che si è presentato a questo mondo come la possibilità che sia un altro primo giorno, un altro inizio, che indica pertanto un altro destino. Tutto dipende dai passi che Tertuliano Máximo Afonso farà oggi. La processione, però, come si diceva in epoche passate, sta uscendo dalla chiesa proprio ora. Seguiamola.
– L’uomo duplicato
Come sperimentato altrove nelle sue precedenti opere, Saramago è un autore sempre presente nel testo, non ingombrante ma presente di una presenza che sa ricordare al lettore la finzione della narrazione, senza fargli perdere l’interesse per i personaggi. Una presenza insieme da voce off dei film e creatore che racconta, commenta e, allo stesso tempo, tira le fila dei personaggi. Una buona dose di ironia lo contraddistingue contribuendo a creare nel testo un’atmosfera di sano coinvolgimento, amplificato da quel vagliare le possibilità e anticipare le conseguenze di una scelta sui personaggi spesso accompagnato dai dialoghi con il Buon senso.
Voce narrante a parte, Saramago è la magia della sua scrittura, ricchissima di incisi, di digressioni che giocano sulla capacità di allungare una frase potenzialmente all’infinito, senza per questo perdere il filo del discorso iniziale.
Saramago è, anche, quella lettura tutto di un fiato, concatenata, che non trova spazio per il respiro di un paragrafo che si chiude e di un altro che si apre. Nemmeno ai dialoghi viene concesso un distacco grafico dalla narrazione. La percezione è che i dialoghi sono narrazione e nella narrazione vengono incorporati.
Il tema dell’identità, della sua perdita e del doppio
Si dice che odia il prossimo soltanto chi odia se stesso, ma il peggiore di tutti gli odi dev’essere quello che spinge a non sopportare l’uguaglianza dell’altro, e probabilmente sarà anche peggio se tale uguaglianza dovesse mai essere assoluta.
– L’uomo duplicato
Il tema dell’identità mi sembra avere un valore simbolico nell’opera di Saramago, tanto più ne L’uomo duplicato dove la sua perdita assurge a protagonista stessa dell’opera.
In quest’ottica il prendere il posto di un altro, i travestimenti e l’inganno non sono solo espedienti per catturare l’attenzione portando all’estremo le vicende, ma rispondono molto di più alla volontà di rappresentare la Modernità – questa generica metropoli di 5 milioni di persone ne è l’esempio – alle prese con la perdita dell’identità del singolo a vantaggio di un’omologazione che restituisce il proprio volto riflesso in quello dell’altro.
In tutto questo c’è sicuramento un rimando a Ferdinando Pessoa – che tra l’altro viene citato da Saramago nel libro – e ai suoi eteronimi, le tante frammentazioni della sua identità letteraria. Pessoa, portoghese come Saramago, d’altronde resta una delle sue bussole letterarie, ampiamente omaggiato nel suo libro L’anno della morte di Riccardo Reis.
Scheda del libro L’uomo duplicato

Titolo: L’uomo duplicato
Autore: José Saramago
Casa editrice: Feltrinelli, 2018
Anno di pubblicazione: 2002, 2003 prima pubblicazione in Italia per Einaudi
Numero di pagine: 267
Traduzione di Rita Desti
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