Melancolia della resistenza di László Krasznahorkai

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Melancolia della resistenza Laszlo Krasznahorkai

Abbiamo fallito con le azioni, i pensieri, l’immaginazione, e persino nei nostri pietosi sforzi di capire il perché del nostro fallimento; abbiamo svenduto per un tozzo di pane il nostro Padreterno, ci siamo giocati il rispetto del rango e della dignità, abbiamo lasciato che svanisse la nobile superstizione del giudizio finale che ci pungolava continuamente a soppesare la nostra coscienza con la bilancia dei dieci comandamenti… possiamo quindi dire che è stato un penoso fiasco, abbiamo sbagliato tutto in questo universo, dove probabilmente siamo diventati sempre più superflui.

– Melancolia della resistenza

Non c’è lettore che non aspiri a quella sensazione di placido abbondono, quando il proprio io si perde nella profondità delle pagine, quando la storia cattura e non molla la presa e tutto il resto diventa solo un lontano brusio. Eccola la bellezza della letteratura, siamo tentati a pensare. Almeno finché non arriva un autore come Krasznahorkai a rimescolare le carte.

Leggere Krasznahorkai vuol dire l’opposto di quanto assunto in precedenza, vuol dire, infatti, trovarsi di fronte ad un muro. Un muro fatto di parole, da cui sembra impossibile scorgere la fine di un periodo, un affastellarsi di incisi e digressioni che costringono a tornare indietro per ritrovare il filo del concetto iniziale. Ecco, dunque, il lettore confrontarsi con un tessuto letterario, che già nella sua forma e costruzione, gli oppone un ostacolo che si fa tenace e persistente resistenza.

Trama – In una cittadina di provincia ungherese, non meglio identificata, tira una strana aria. Nonostante sia novembre il gelo ha già fatto precipitare le temperature sotto lo zero, la torre dell’acquedotto si è messa ad oscillare e il grande pioppo si è sradicato e poi è crollato. La gente lo sente e lo accetta rassegnata: il cambiamento è nell’aria. Che sia lo strano circo appena arrivato in città con la réclame della più grande balena mai vista e quel suo losco seguito a contribuire al clima apocalittico?

Di quest’opinione è la signora Pflaum che di ritorno in treno da una visita alle sue sorelle si trova costretta ad affrontare un rocambolesco viaggio per ritrovarsi, poi, a percorre l’ultimo pezzo di strada verso casa in una città notturna e spenta, più desolata che mai, con il solo desiderio di trovarsi presto nella rassicurante pace delle sue quattro mura. Per la signora Eszter, al contrario, che in questo freddo militaresco ci sguazza, il circo e il conseguente caos sono l’occasione da sfruttare a suo vantaggio per realizzare le sue ambizioni politiche.

E che ne è degli altri due personaggi principali Valuska ed il signor Eszter, a cui il testimone della narrazione si succede? Certo anche le loro vite vengono investite dall’arrivo del circo. Valuska che è il figlio della signora Pflaum, è ritenuto da quest’ultima uno scansafatiche e, quindi, un motivo di vergogna. In realtà, il giovane uomo lavora come postino e dietro i suoi modi semplici, ed il suo ininterrotto vagare per la città con lo sguardo sempre fisso al cielo, nasconde un’anima pura e sognatrice.

La sua vita si svolge in maniera simbiotica e complementare con quella del signore Eszter – ex direttore del conservatore ed ex marito della vigorosa e calcolatrice Signora Eszter – che vive rintanato con il suo pianoforte e accetta ancora solo la compagnia di Valuska.

Ma quale agio di autodeterminazione, quale possibilità di scelta viene lasciata ai singoli, Valuska e il signor Eszter ne sono un esempio, in una società decadente che si avvia alla sua propria autodistruzione? Krasznahorkai sembra voler mostrare, in Melancolia della resistenza, che in fondo siamo tutti delle pedine, sotto il gioco dei poteri e del destino. Ecco che la resistenza si fa melanconica rassegnazione.

La lettura come resistenza

Aveva visto miliardi di cose inquiete, pronte al cambiamento continuo, aveva visto come dialogavano tra loro severamente senza capo né coda, ognuna per conto proprio; miliardi di relazioni, miliardi di storie, miliardi, ma si riducevano a una sola, che conteneva tutte le altre: la lotta tra ciò che resiste e ciò che tenta di sconfiggere la resistenza.

– Melancolia della resistenza

Quello che la trama al contrario del titolo riesce solo ad accennare è in fondo l’essenziale e cioè che Melancolia della Resistenza è propriamente un libro sulla resistenza. Intesa non tanto, o non solo, da una prospettiva politica – sebbene il romanzo fu pubblicato in Ungheria nel 1989, cioè al crollo dell’Unione sovietica – quanto piuttosto con un’ampia declinazione del termine e in ultima istanza come spinta propria dell’Uomo.

In un’ottica in cui resistenza è sinonimo di imporsi con le proprie idee e il proprio volere, i due personaggi Valuska e il signor Eszter non riescono ad opporre altro che una debolissima resistenza – quasi nulla, lo ricordiamo il clima è più che altro di rassegnazione – alla tirannica volontà della signora Eszter.

La vera eroina, se così si vuole indicare chi riesce ad opporre una reale resistenza, è la signora Pflaum. Resiste all’uomo con il cappotto di panno, resiste alla stessa signora Eszter, ed è sorprendentemente ancora una volta la signora Pflaum, forse proprio in ragione di ciò vittima sacrificale, ad opporre la più stregua resistenza contro la distruzione impressa nella scena finale. E qui l’antonimo di resistenza è chiaramente “distruzione”.

Proprio nella originalissima scena finale l’autore sembra volerci dire che forse il più grande atto di resistenza, quella suprema e inevitabile, è quello operato con il nostro proprio corpo, l’ultimo disperato baluardo allorché l’anima se ne è già distaccata, prima del disfacimento totale. 

Dal libro al film

Non sembra nemmeno un caso usare il termine “scena” per descrivere un passaggio del romanzo. Tutto il libro, infatti, è costruito come un unico lunghissimo, quasi interminabile, piano sequenza. Fatta eccezione per la parte finale di due settimane successive agli eventi centrali, tutta la prima parte e quella centrale sono narrati in una rigida successione temporale che non prevede buchi o salti temporali. 

 Se fosse un film, cosa che il lettore potrà facilmente immaginarsi, Melancolia della resistenza avrebbe una telecamera sembra puntata, senza alcun taglio, il cambio di scena verrebbe rappresentato semplicemente con lo spostamento dell’inquadratura su un altro personaggio, come ad esempio il momento in cui il focus della narrazione si sposta dalla signora Eszter, ormai persa nel mondo dei sogni, all’impresa dei roditori che si intrufolano nella sua lugubre stanza per rosicchiare un po’ del suo pane vecchio. 

Ma il “se” ipotetico in questo caso lascia poco all’immaginazione, la realtà è che, in effetti, fu fatta una trasposizione cinematografica di Melancolia della resistenza, anzi per meglio dire di una parte di esso, quella centrale. Il film in questione, un capolavoro assoluto del cinema, si intitola Le armonie di Werckmeister, risale al 2000 e fu diretto dal regista ungherese Béla Tarr. Proprio seguendo lenti e lunghissimi piani sequenza.

Scheda del libro Melancolia della resistenza

Melancolia della resistenza trama e recensione

Titolo: Melancolia della resistenza

Autore: László Krasznahorkai

Casa editrice: Bompiani, 2018

Numero di pagine: 352

Titolo originale: Az ellenállás melankóliája

Traduzione diDora Mészáros, Bruno Ventavoli

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