Durante la guerra la notte è la fine del mondo. Senza tutta la caciara dell’esseri umani ci sta solo il silenzio e le finestre chiuse.
È stata la lettura ad alta voce di Ascanio Celestini a farmi recuperare questo volumetto, Storie di uno scemo di guerra, pubblicato da Einaudi nel 2004. È stato il suo modo di snocciolare parole dure con la sapienza popolare romana, che sa prendere ogni situazione con la dovuta ironia, a convincermi. È stato il suo ritmo a scandire il tempo della mia lettura. Senza questo incontro mi sarei lasciata scappare un piccolo capolavoro: un omaggio al padre, un inno alla vita e un ricordo dell’insensatezza della guerra.
Trama – Storie di uno scemo di guerra è ambientato nella Roma, teatro della seconda guerra mondiale, ma insieme ai suoi personaggi si sposta anche in alcune zone al sud della Ciociaria, indicate popolarmente come bassitalia, e poi su verso la destinazione finale dei famigerati treni in Polonia.
La struttura di questo esile libro di appena 156 pagine ricorda la composizione di una matrioska russa, di cui tra l’altro si parla nel libro. Questa sua caratteristica conferisce a Storie di uno scemo di guerra, pur restando visceralmente romano nello stile e nella parlata del romanesco popolare, una certa aria di famiglia con i cantastorie orientali: proprio per quel suo saper raccontare una storia dopo l’altra, concatenarle ed estrarle fuori come da un magico capello. Ogni singolo anello della catena è rappresentato da una storia di vissuto, la catena che ne viene fuori è attraversata da quel filo sottilissimo che lega le vite umane, l’essere uomini anche quando l’umanità perisce.
La cornice principale, e insieme ritornello di questa ballata, ci è data dalla storia di Sor Giulio e del figlio Nino, che è poi il padre dell’autore. Ai primi di giugno, nelle ore che precedono l’entrata degli americani a Roma il 4 giugno del ‘44 e quindi della liberazione della città, Sor Giulio e Nino se ne vanno in giro per le strade di Roma, partendo dal centro, nelle vicinanze di Porta Pia, e dirigendosi verso il quartiere Quadraro, perché vogliono costituire una società. Di che società si tratti è presto detto.
Nella Roma prostrata da 4 anni di guerra, a cui si è aggiunta la brutale repressione dell’occupazione nazista, la gente soffre terribilmente la fame. La fame è l’unica certezza in quella confusione generale in cui non si sa più distinguere tra alleati e nemici. A Sor Giulio si offre l’opportunità di comprare per mille lire un maiale, sebbene lui non abbia la cifra intera, è determinato a non farsi sfuggire questa occasione, perciò s’incarica, con l’oste che gli ha proposto l’affare, di trovare altra gente che sia disposta a far parte, appunto, della società per comprare il maiale.
È in questo loro peregrinare che Sor Giulio e il piccolo Nino si scontreranno con la bruttura della guerra raccontata dalla gente che l’ha vissuta. La storia del ragazzo che sembrava un vecchio, del barbiere che era morto e poi è risuscitato, del ragazzino marziano che ha un suo sosia, quella di Primo che fu spedito in Polonia ai lavori forzati; sono tante piccole perle intarsiate di leggende metropolitane, che si mantengono tra il dramma e la commedia, il vero e la finzione.
In questo marasma di miseria e distruzione in cui gli uomini uccidono altri uomini, anche una mosca vorrà raccontare la sua storia. E sarà ben legittimata a farlo. Se gli uomini si possono comportare come animali, gli animali potranno ben comportarsi come uomini.
Pian piano la società cresce e arriveranno a racimolare le mille lire. Contemporaneamente anche i tanto attesi americani giungeranno a Roma, portando con sé una speranza di benessere e una parvenza di libertà. Di quel maiale, che tra l’altro troveranno morto di fame, non ci sarà più bisogno. Però di una cosa si sentirà sempre l’esigenza: non smettere mai di raccontare quella filastrocca di quanto stupida, sporca, crudele e inutile sia la guerra.
Ciò che è vero in Storie di uno scemo di guerra
Storie di uno scemo di guerra si muove tra verità e finzione. La Roma occupata dai nazisti, i bombardamenti americani sul quartiere di San Lorenzo, i rastrellamenti nazisti del Quadraro come ripicca per l’uccisione di alcuni nazisti, sono fatti storici. Vera è anche la cornice dei fatti del nonno e del padre dell’autore che ha rischiato di morire per una cipolla.
E quello che è più sorprendente, sono reali anche tanti piccoli particolari delle storie che appaiono assurdi a prima vista. Manifestazione del fatto che, se l’autore ci mette brillantemente del suo facendo volare la fantasia e rigirando la trama in maniera inaspettata, molte volte le brutture della vita riescono a superare l’immaginazione.
È una puzza che si mescola alla putrefazione e allo zozzo. È tutta una puzza unica. È la puzza dell’umanità che in guerra non riesce proprio a nascondere. La puzza che si porta dietro dai secoli, una puzza originaria e antica quanto il peccato.
Storie di uno scemo di guerra di Ascanio Celestini
Titolo: Storie di uno scemo di guerra
Autore: Ascanio Celestini
Casa editrice: Einaudi
Anno di pubblicazione: 2004
Numero pagine: 156