È un’ombra che spegne l’ultimo raggio di sole, una smorfia sul viso che cancella il sorriso, un lamento che soffoca il riso. Arriva inatteso e indesiderato e si insedia con la prepotenza della totalità. Il dolore. Prima o poi tutti lo esperiamo nella vita, quel senso di lacerazione nell’animo. Ma che cosa ci dice sul nostro essere una forma di vita umana?
Trama Il grido di Giobbe
Ne Il grido di Giobbe Massimo Recalcati riprendere una figura su cui molto è già stato scritto – sia dalla teologia, alla psicoanalisi, passando per la filosofia, che dalla stessa letteratura tout court – , nel tentativo di spiegare l’esperienza liminare della sofferenza. Una sofferenza ingiustificata e che eccede perciò la comprensione umana. Ma chi è questo emblema della sofferenza ingiustificata? Chi fu Giobbe e perché fu condannato da Dio?
Giobbe è una figura dell’antico testamento, a cui è dedicato l’omonimo Il libro di Giobbe. Per traslazione la sua figura è riportata anche dalla religione cristiana e da quella musulmana nel Corano.
Giobbe è l’uomo giusto, la cui condotta irreprensibile coincide anche con un certo benessere economico e serenità familiare. La sua felicità e la sua relativa fede in Dio vengono ad un certo punto messe in discussione da Satana, il quale, volendo provocare Dio, pone il quesito se la fede di Giobbe sia autentica o se non dipenda forse da questo suo benessere. Dio accoglie la sfida di Satana e decide cosi di privare Giobbe di tutto ciò di cui aveva goduto fino a quel momento: ricchezza, figli, rispetto e salute.
La reazione di Giobbe, avvolto nella miseria e nella disperazione più totale, sarà, appunto, il grido. Un grido rivolto all’Altro, a Dio, che egli interroga nel tentativo di trovare un senso alle sue sofferenze, di cui è consapevole non dipendono da una sua mancanza, da una qualche colpa da espiare.
Forse è proprio questo il punto della questione. Giobbe non cede al comune giudizio della legge ebraica che vuole che un uomo punito da Dio abbia per forza commesso il Male. Lui è consapevole della sua innocenza.
Il significante o il Nome del Padre di Lacan
Nell’introduzione de Il grido di Giobbe Massimo Recalcati offre un accostamento molto interessante tra il grido di Giobbe e la filosofia del linguaggio. Il dolore di Giobbe giunge ad un punto di disperazione tale da svuotare il linguaggio di parole e diventare nuda voce. Del suo dolore resta solo un grido: un significante puro, senza significato.
Il grido, che accompagna l’uomo fin dal suo primo momento con la nascita, sembra riferirsi all’aspetto naturale e istintivo dell’uomo più di quanto lo possa fare qualsiasi parola, già da sempre presa nella convenzione culturale. Per questo si riproduce ancora, quando l’uomo è senza schermo, inerme e indifeso. Giunto ai suoi limiti.
Lacan nella sua teoria su Il nome-del-padre, contenuto nel V seminario – che non fa riferimento al padre reale, quanto piuttosto a quello simbolico – aveva individuato nella figura paterna il significato primo, o, meglio il significante fondante di tutti i significati a venire.
Ciò che permette al soggetto di percepire l’Altro, luogo della parola, come esso stesso simbolizzato
Jacques Lacan dal V seminario
In questo regresso allo stato di natura, dove non resta altro che il significante primordiale (il padre, per Lacan), sembra lecito assumere che Giobbe con il suo grido voglia raggiungere il Padre, o Dio, che dir si voglia. Giobbe non può abbandonare colui che lo ha abbandonato. Non è forse già contenuta nel suo nome questa interrogazione al padre? Come mette in chiaro Massimo Recalcati, il nome Giobbe vuol dire, infatti, «Dov’è il padre?»
Ora c’è da vedere se e cosa risponderà questo Padre onnipotente.
Come affrontare il dolore?
Se da una parte la storia di Giobbe porta alla luce l’annosa questione del Male e di come sia possibile che Dio lo permetta, soprattutto quando questo è indirizzato a persone innocenti, persino ai bambini. Dall’altra parte il grido di dolore di Giobbe solleva una questione ontologica, proprio perché interessa tutta l’umanità. Come si può convivere con il dolore?
Massimo Recalcati nel suo ruolo da psicoanalista ha quotidianamente a che fare con il dolore delle anime altrui. Per questo accosta la situazione di Giobbe a quella della psicoanalisi. Come del resto avevano già fatto i padri della psicoanalisi prima di lui.
Un tentativo di rispondere alla prima questione viene dalla Scolastica. I padri della Chiesa avevano individuato nella scelta di Dio di lasciare il libero arbitrio sull’uomo, la fonte del male. Per chi non fosse soddisfatto di questa soluzione, resta la fede, come risposta ultima. È la stessa risposta che sembra pervenire anche dalla storia di Giobbe.
Ma concretamente, per chi non sia credente e voglia davvero trovare una risposta al suo dolore, cosa resta? Un resto, appunto. Giochi di parole a parte, è questa la risposta che sembra pervenirci dallo psicanalista. Il dolore, così come altre esperienze liminari umane, è inspiegabile e irriducibile a qualsiasi logica. È un significante che eccepisce il senso.
Le sue vicissitudini [di Giobbe] ci spingono non solo a cogliere il nesso che unisce la sofferenza alla domanda di senso, ma anche l’irriducibilità della sofferenza stessa a ogni senso possibile. In questo Giobbe sospinge la psicoanalisi, come arte della decifrazione, a riconoscere i suoi stessi limiti. Se leggiamo il libro di Giobbe alla luce della prospettiva inaugurata da Freud, il problema che merge con immediata evidenza è che l’esperienza del dolore non può essere decodificata integralmente come se fosse un messaggio, poiché essa implica necessariamente un resto che si sottrae a ogni lavoro di decifrazione semantica, una quota di non senso che residua ribelle a qualunque operazione di lettura o di decodificazione, compresa quella psicoanalitica o quella teologica.
Il grido di Giobbe di Massimo Recalcati
Siamo, dunque, destinati ad accettare il dolore passivamente? No, sembra dirci Massimo Recalcati ne Il grido di Giobbe. Piuttosto come Giobbe, bisogna essere consci che non si hanno colpe. Almeno da quelle, se non dal dolore, possiamo liberarci.
Titolo: Il grido di Giobbe
Autore: Massimo Recalcati
Casa editrice: Einaudi. Torino
Anno di pubblicazione: 2021
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