L’isola dell’Aurora di Harriet Martineau

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L'isola dell'Aurora Harriet Martineau

L’isola dell’Aurora è un romanzo breve dell’età vittoriana scritto dalla giornalista e sociologa Harriet Martineau. Proprio il riferimento all’epoca storica, lontano dall’essere un semplice attributo, riveste piuttosto una valenza di primo piano per comprendere le dinamiche del romanzo. Questo periodo storico di eurocentrismo e colonialismo costituisce la lente, e quindi il punto di vista, attraverso cui Harriet Martineau guarda all’immaginaria isola dell’Aurora.

Trama – L’isola dell’Aurora è un luogo dalla bellezza naturale incontaminata e vibrante, locato nel lontano oceano Pacifico. Qui vive una comunità di “selvaggi,” in continua guerra tra loro, con delle regole arcaiche che prevedono, tra le altre cose, l’uccisione dei primogeniti – come sacrificio da offrire agli dei – e la sottomissione completa delle donne agli uomini del gruppo.

Il personaggio principale è Miava, un anziano sacerdote, tenuto in alto conto dalla comunità. Nonostante la sua ferma credenza nelle usanze praticate dalla sua gente per ingraziarsi gli dei, Miava nutre delle perplessità a livello umano e si concede delle eccezioni come l’amorevole sostegno a Idya, una fanciulla orfana a cui offre la sua protezione paterna, e la messa in salvo di Motuaro, un ragazzo altrimenti destinato a diventare una vittima sacrificale.

I precari equilibri sull’isola vengono stravolti dall’arrivo di un veliero carico di inglesi, in esplorazione, che portano con loro ogni sorta di mercanzie e oggetti di uso comune del mondo “civile”. Proprio l’attrazione verso queste merci, offerte dagli inglesi in forma di baratto per ottenere il cibo presente sull’isola, pone le basi del cambiamento della comunità verso una società “civilizzata” sostenuta dalle leggi utilitaristiche del commercio.

L’isola dell’Aurora è un racconto dalla scrittura piacevole, tipicamente ottocentesca. La narrazione è molto lineare, tratteggiata a linee generali e priva di grandi particolari. Se la particolarizzazione degli eventi, e dei personaggi, manca, il focus è da ricercare altrove: sono il simbolismo e il messaggio, che la sociologa vuole trasmettere ad un pubblico ben preciso, i punti centrale del racconto. E questi due punti vanno sicuramente a braccetto.

Tanto nella prefazione quanto nell’accurata postfazione di Marcella Romeo – una delle maggiori studiose di Harriet Martineau –, viene, infatti, messo in evidenza il contesto che portò l’autrice alla stesura del racconto. La cornice è la lotta per l’abolizione delle Corn Laws a vantaggio del libero scambio. Harriet Martineau, che ne fu una sostenitrice, scrive in questa occasione L’isola dell’Aurora, che è perciò da leggersi in quest’ottica come scritto perorativo, quasi un piccolo manifesto, sicuramente un inno al libero scambio.

Simbolismo e messaggio

Considerata la funzione quasi didattica che riveste il racconto, è naturale che il testo sia carico di simbolismo e metafore per ben accompagnare la ricezione del messaggio. L’isola stessa è il primo grande simbolo.

L’isola dell’Aurora si va a collocare nella fortunata tradizione della letteratura delle isole di cui Daniel Defoe con il romanzo Robinson Crusoe è solo un esempio, sebbene il più conosciuto.  

L’isola primordiale e primitiva, il cui popolo viene definito “fanciullo”,  viene presentata quasi come una tabula rasa – in quanto estranei e sconosciuti le sono i modi di vivere europei – su cui poter sperimentare. Il topos dell’isola, perciò, è l’humus ideale per la sociologa che vuole perorare la sua visione utopica della civilizzazione britannica.

All’universo simbolico, poi, sembrano appartenere, in particolar modo, gli occhiali barattati da Miava. La vista indebolita del vecchio sacerdote diventa, magicamente, più chiara grazie all’oggetto/simbolo introdotto dai britannici. Anche la bandiera issata sulla nave e dissacrata da Motuaro è un altro simbolo, quello della civiltà britannica: sacra e intoccabile. Il commercio, che rappresenta la fioritura dell’industria inglese dopo la Rivoluzione industriale, è, nella visione di Harriet Martineau, direttamente legato alla fondazione di una civiltà. Al culto degli dei si sostituisce quello per le merci.

Colonialismo e eurocentrismo

Da questa isola immaginata viene fuori una visione piuttosto utopica e fallace dello stato delle cose. L’utopia risiede nel fatto che Harriet Martineau immagina una spedizione coloniale pacifica, contrariamente a quanto la storia del violento colonialismo europeo ci insegna. La fallacia deriva dal pregiudizio di guardare ad un’altra cultura con le proprie categorie e nell’attribuirle valori negativi a prescindere, quando la propria cultura, invece, viene presentata solo attraverso valori positivi.

Anche se edulcorata da una visione volta al miglioramento delle condizioni umane – sono soprattutto i valori educativi e quelli commerciali il centro dell’interesse dell’autrice – emerge fortemente la prospettiva eurocentrista di cui parlavo all’inizio, della quale Harriet Martineau è figlia. Alla fine gli esploratori bianchi impongono la loro civiltà sugli indigeni, i nativi dell’isola, ristrutturando, anche se in positivo, le regole di convivenza per loro. Se i bianchi ne vengono fuori come salvatori, l’unico ruolo per Miava sembra essere quello del sottomesso.

Harriet Martineau

Ledizioni ha il merito di presentare al pubblico italiano la versione tradotta di Dawn Island. Questa si va ad inserire come un tassello mancante nella ricostruzione della produzione sociopolitica e letteraria di Harriet Martineau. 

Nonostante le conclusioni che si possono trarre dalla lettura de L’isola dell’Aurora –che, come già detto, rispecchia la visione del suo tempo – Harriet Martineau fu una figura notevole dell’età vittoriana. Pensatrice pioneristica, sostenitrice dell’emancipazione femminile e sensibile portavoce delle problematiche sociali dentro e fuori i confini britannici, si espresse, inoltre, a favore dell’abolizione della schiavitù in America. Con le sue teorie apportò considerevoli contributi alla sociologia inglese, cui contribuì, ulteriormente, con la diffusione delle idee del sociologo francese Auguste Compte, le cui opere tradusse in inglese.

Harriet Martineau nacque nel 1802 in Inghilterra da una famiglia benestante di industriali tessili. In quanto donna le fu precluso l’accesso agli studi, ma li portò lo stesso a termine a casa, da autodidatta. Questa esperienza ispirerà i suoi studi sulla parità di genere.  

Conseguentemente ad un declino economico della sua famiglia, Harriet Martineau intraprese la carriera di giornalista, pubblicando anche un volume illustrato di economia politica. In questi primi anni della sua carriera si fece portavoce delle ingiustizie subite dalla working class e fu una fervente sostenitrice del mercato libero – come emerso dalla lettura de L’isola dell’Aurora –.

Nel 1834, sulle orme di Tocqueville, si recò in visita in America, dove soggiornò due anni, guidata dall’intento di apprendere qualcosa in più sul funzionamento economico-politico del sistema americano. Fu in questa occasione che entrò in contatto con i promotori abolizionisti della schiavitù e ne divenne ben presto parte. A sostegno della causa, lavorò come corrispondente inglese per la fazione americana abolizionista durante tutta la guerra civile americana.

Il prodotto delle idee raccolte durante il viaggio in America culminerà nell’opera How to observe Moral and Manners, pubblicata nel 1838.

Alla pubblicazione di quest’opera fa seguito un periodo doloroso nella vita di Harriet Martineau dovuto a gravi problemi di salute, di cui scriverà nel libro Life in the Sickroom (1844). In questo periodo abbandona la fede protestante dell’Unitarismo, di cui faceva parte dalla nascita, per abbracciare una visione ateistica guidata dal modello offerto dal Positivismo di Comte.

Una volta guarita intraprese un viaggio in Medio Oriente, dove notò che le società si stavano sempre più avvicinando ad un processo di secolarizzazione, allontanandosi così dalle dottrine religiose. Cosa che, in accordo con le sue idee razionaliste, giudicava positivamente. Il frutto delle sue idee raccolte durante il viaggio confluirà nell’opera Eastern Life, Present and Past (1848).

Harriet Martineau rimase politicamente attiva fino alla sua morte, avvenuta nel 1876, dedicandosi alla causa del femminismo, di cui supportava il diritto di voto. Visse una vita piena e produttiva, ricca di riconoscimenti, cosa inusuale per una donna del suo tempo. Per tutto il suo operato viene ricordata come un esempio più unico che raro di una donna indipendente e di successo nell’età vittoriana.

Scheda del libro L’isola dell’Aurora

Lisola dellAurora

Autore: Harriet Martineau

Titolo: L’isola dell’Aurora (Dawn Island 1845)

Casa editrice: Ledizioni

Anno di pubblicazione: 2025

Numero di pagine: 90

Traduzione di Margherita Giambalvo

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Questo articolo ha 2 commenti

  1. Sergio

    Per dirla alla Checco Zalone “Cado dalle Nubi”! presuntuosamente ritenendomi un conoscitore della letteratura del XIX secolo, la presentazione di questo romanzo mi ha colto letteralmente di sorpresa e ridimensionato la mia superbia, ma tutto questo é stato mitigato dal piacere della lettura di questa splendida e puntigliosa presentazione di quest’opera che viene esaminata in tutte le sfaccettature. Ormai mi ritengo un frequentatore di questo sito che ogni volta mi riserva regali preziosi per la mia anima dilettore e la mia inguaribile voglia di sapere.

    1. 😀 Mi hai fatto ridere con il mitico Checco. Nessuna presunzione da parte tua, indubbiamente sei un profondo conoscitore della letteratura dell’Ottocento e un punto di riferimento per me che invece la trascuro. La mia prospettiva di lettrice è costantemente influenzata dai miei studi filosofici, a cui devo, in parte, la mia capacità analitica. Sono lieta di avere un appassionato e attento lettore come te.

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