Roma 27 Novembre 2024 – ChatGPT, ascrivibile al contenitore più ampio dell’intelligenza artificiale generativa, compie in questi giorni due anni e, dal 2022 a oggi, non smette di far parlare di sé. Questo chiacchiericcio ha la forza che serve a coprire tutti i settori, o pressappoco tutti.
Da proprietaria di un blog con nozioni di digital marketing non passa un giorno in cui non senta parlare del nostro caro amico/nemico (a seconda delle prospettive e dell’ottimismo vero o simulato) nei vari gruppi di settore. Le varie IA si sono insinuate anche nelle risorse umane, promosse a decisioniste sulle vite degli aspiranti lavoratori e persino nella sanità. ChatGPT è il medico di chi non può permettersi l’attesa di liste chilometriche e di chi non può permettersi visite private di tasca propria.
Sebbene siano trascorsi decenni da quando per primo si è iniziato a discutere di IA, ChatGPT ha mosso quel passo in più verso un’automatizzazione delle macchine, a portata di tutti. L’essere alla portata di tutti lo rende davvero democratico? Questo suo invadere tutti i domini condizionerà anche il mondo della letteratura? E che conseguenze ha lo sviluppo delle IA sulla nostra condizione umana?
Sono andata con la testa piena di queste domande all’incontro del Goethe Institut di Roma dal titolo Umano, troppo (poco) umano. Noi e l’Intelligenza Artificiale, e (piccola anticipazione) ne sono uscita con delle certezze, che non sono altro che delle riconferme.
L’incontro fa parte del ciclo Sguardi condivisi: dialoghi sulla società contemporanea tra Italia e Germania. È proprio di un dialogo tra Italia e Germania si è trattato. Ha aperto l’italia con il suo primo intervento su Intelligenza artificiale e letteratura dello scrittore Nicola Lagioia e dopo di lui si sono succeduti gli illustri ospiti tedeschi: l’avvocatessa dei diritti digitali Ramak Molavi Vasse’i e lo scienziato e filosofo Rainer Rehak. A bilanciare la disparità di numero degli italiani ci ha pensato la giornalista del Corriere della sera Paola Pica, che ha moderato l’evento.
Lo scrittore Lagioia ha proposto delle riflessioni di stampo futuristico incentrate sull’interrogativo se sia possibile che l’IA possa arrivare a scrivere dei romanzi migliori di quanto abbia mai fatto un umano. Domanda che sottende una più generale riguardo a un’evoluzione delle macchine e alla possibilità di una mutazione della specie umana imputabile appunto all’IA.
Le risposte sono invece arrivate dagli esperti tedeschi, che hanno riportato l’IA ad un piano più realistico e all’attualità del presente. Secondo l’avvocatessa Ramak Molavi Vasse’i nella discussione tra vantaggi e svantaggi dell’uso dell’IA il vero problema è stabilire chi sia il destinatario di questi.
Il succo della questione che si cerca di eludere, spostando le paure dei cittadini al focus di scenari degni di fantascienza quando ci si riferisce all’IA, è una mancanza di democrazia di fondo (per rispondere a quella prima domanda che mi ero posta e che ci poniamo un po’ tutti). La mancanza di democrazia degli IA è la cifra delle grandi corporations che ci guadagnano e del global south che ospita le strutture delle macchine e si vede così ricadere addosso gli effetti catastrofici del cambiamento climatico, peggiorato dal fatto che le IA hanno bisogno per funzionare di moltissima energia e acqua per raffreddarsi, e del generale peggioramento delle condizioni di vita.
Anche lo scienziato Rainer Rehak, dopo aver illustrato la differenza su quello che si pensa sia l’IA (una “mente” capace di prendere decisioni) e quello che è davvero (un algoritmo basato su dati che elabora tramite statistiche), ha proseguito nella direzione della Molavi Vasse’i. Le narrative non consone ad un reale stato dell’IA sono state smontate.
Parlare di macchine che prenderanno il sopravvento sull’umanità o di macchine che siano in grado di prendere decisioni, e di assumersi la responsabilità di queste, non ha senso. L’IA usa in maniera statistica i dati che le sono messe a disposizioni dagli umani. È dipendente perciò da questi dati, e su chi decide di questi dati cade la responsabilità delle “azioni” delle IA. Sono i dati, perciò che devono essere veritieri e non manipolati.
La conclusione condivisa dai due esperti e auspicabile per una buona convivenza con l’IA sembra essere sembra quella di far prevalere la ragionevolezza umana. L’intervento politico normato è necessario, almeno quanto la consapevolezza e l’attenzione vigilante della popolazione.
Che l’IA possa fare letteratura e creazione di contenuti si è già visto, che questa possa anche essere originale e senza errori è tutt’altra cosa. Il sistema con cui funzionano le IA, cioè l’attingere ad un database di bigdata, sembra piuttosto far pensare a una riproposizione del già detto. Non lo è anche la letteratura in generale un riproporsi del già detto, si potrebbe obiettare. Sì, forse lo è. Ma ogni volta che scriviamo, lasciamo una traccia unica del nostro io, un segno del nostro vissuto misto a sentimenti. L’esperire e il sentire, almeno quelli, in riguardo alle IA, sembrano uno scenario piuttosto improbabile per il prossimo futuro.
Vi lascio il link dell’incontro Umano, troppo (poco) umano. Noi e l’Intelligenza Artificiale sulla pagina del Goethe Institut.