La lunga vita di Marianna Ucrìa di Dacia Maraini

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La lunga vita di Marianna Ucrìa di Dacia Maraini

I singhiozzi senza voce sono come lampi senza tuoni, qualcosa di monco e disgraziato.

La lunga vita di Marianna Ucrìa

Trama – Nella Sicilia del XVIII secolo, e più precisamente nella casa di campagna dei nobili Ucrìa, un uomo in giamberga e parrucca si appresta ad intraprende un breve viaggio in carrozza, da Bagheria a Palermo, accompagnato dalla figlia di appena 7 anni. La bambina in questione è Marianna Ucrìa e il proposito del viaggio è fare assistere la fanciulla ad un’impiccagione pubblica di un condannato, nel tentativo estremo di farle recuperare la parola attraverso lo shock. Marianna Ucrìa è, infatti, sordomuta e può comunicare solo attraverso la scrittura. Il piano del padre fallisce, la bambina non riacquisterà la parola, ma, nondimeno farà di questa sua “mancanza” un segno distintivo.

Se da una parte questo handicap la condannerà ad un matrimonio prematuro, a soli 13 anni, con un vecchio zio, scontroso e distaccato, dall’altra sarà proprio la sensibilità derivatagli ad aprirle gli occhi sul suo mondo. Un mondo in cui la nobiltà la fa da padrona, l’eresia e i crimini si pagano con la vita e il popolino, represso e affamato, trova una sua valvola di sfogo nello spettacolo delle esecuzioni pubbliche.

L’ambiente nobile da cui proviene, basato solidamente sulle ingiustizie sociali che il sistema feudale comporta, le assicurerà la ricchezza e le eviterà le fatiche del duro lavoro manuale, ma quello che non potrà risparmiarle sarà il suo adempiere ai doveri di moglie: sottomettersi alle voglie del marito, somiglianti molto di più a violenze sessuali che ad atti di amore, dare un erede maschio al padrone, il “signor marito zio”, rinunciare doppiamente alla sua voce nelle questioni riguardanti l’educazione dei figli. Perché seppur nobile, Marianna è pur sempre una donna nella Sicilia del 1700.

Sarà soprattutto attraverso la lettura, in particolar modo per merito delle teorie filosofiche dell’empirista Hume, che si apriranno nuovi orizzonti per Marianna. Scoprirà nuove prospettive e si renderà conto della contingenza delle idee imperanti. Marianna che fino ad allora aveva vissuto una vita pre-modellata e impostale dagli uomini della sua famiglia, si lascerà andare a questo nuovo sentire dopo la morte del marito, a più di 40 anni, quando le altre donne della sua età, che non avevano mai manifestato nessuna resistenza, sembrano ormai essere annegate nella vita che hanno subito.

Dacia Maraini vinse, nel 1990, il premio Campiello con quest’opera. Si confermò la grande scrittrice che è, ma molto di più si assicurò un posto privilegiato nel cuore delle donne, che riconoscono il loro valore, in quell’essere presente e fedele a se stesse, così ben tratteggiato nel personaggio della sua antenata.  

Un commento su La lunga vita di Marianna Ucrìa

Si ritorna nei luoghi in cui siamo stati felici, sulle parole che ci hanno emozionato, sui libri che ci hanno fatto crescere. Si ritorna. E nel ritornare, trovo che tutto è cambiato e nulla è davvero cambiato.

Non ho mai saputo quanto lunga sia stata quella lunga vita di Marianna Ucrìa. Certo me la sono immaginata centenaria come fu anche la madre di Dacia Maraini. Ma poi, con il tempo ho pensato che la lunghezza di una vita davvero non si può misurare in anni.

Consideriamo la vita di una vecchina di un paesello sperduto tra le montagne, nata e cresciuta tra le mura di una casa che ha, a sua volta, dato i natali ai suoi figli. Questa vecchina non si è mai mossa dalla sua seggiola, e ha visto sfilare davanti a sé il cambiare delle stagioni, tutte riassumibili in una sola e unica giornata. È forse più lunga la vita di questa centenaria rispetto a quella di colei che non ha visto il suo viso invecchiare, non ha provato la noia per lo scorrere uguale delle giornate, ma ha vissuto intensamente ogni attimo, di cui ha deciso con la sovranità di una regina padrona della sua vita?

La lunga vita di Marianna Ucrìa è il suo lungo percorso verso l’emancipazione dalla famiglia, dalla mentalità di un’epoca fino alla sovranità di se stessa. È quel percorso ad essere lungo e a richiedere la stessa pazienza che Marianna mette nello scrivere per potersi esprimere, in un’epoca in cui la lingua dei segni non era ancora nata. Lunga è la sua vita nel momento in cui decide di agire secondi il suo sentire.

Se all’inizio Marianna sembra essere stata privata doppiamente della voce – tanto di quella componente fisico-vocale che non riesce ad emettere in quanto muta; quanto di quella metaforica dettata dell’impossibilità di poter esprimere la sua opinione nelle questioni familiari, in quanto donna – pian piano trova una strada per emanciparsi da entrambe le menomazioni.

È la vostra mutilazione a rendervi unica: fuori dai privilegi nonostante ci stiate dentro per diritto di nascita fino al collo, fuori dagli stereotipi della vostra casta nonostante essi facciano parte della vostra stessa carne.

I personaggi

Una marea di personaggi popolano La lunga vita di Marianna Ucrìa, tanti quanti sono i figli e i figli dei figli. Si susseguono le generazioni, con nomi che si ripetono perché ereditati dagli avi. Manina, Mariano, Signoretto… nomi obsoleti, che raccontano un’antica nobiltà che non esiste più. Dacia Maraini la narra con eleganza e picchi di lirismo, tratteggia il carattere dei personaggi per come li percepisce la protagonista, su cui è incentrata la narrazione in terza persona.

Marianna che non può ascoltare il tratto distintivo di una voce, il suono più o meno melodioso, l’intonazione grave o acuta, ci mostra, però, quello che può percepire con l’acume degli altri sensi. La vista certo, ma anche l’olfatto. Marianna, e noi con lei, impara a conoscere le persone che le gravitano attorno e i luoghi che attraversa tramite i loro distintivi odori. Ed è anche la scrittura a parlare per loro.

Tra emancipazione e storia

La delicata scrittura di Dacia Maraini è tutta rivolta a loro: le donne e il loro status di nobildonne.

Mani che non hanno mai sorretto un libro per più di due minuti, mani che dovrebbero conoscere l’arte del ricamo e della spinetta ma nemmeno a quelle hanno avuto il permesso di dedicarsi con pignola assiduità. Le mani di una nobildonna sono oziose per elezione.

Sono mani che, pur maneggiando l’oro e l’argento, non hanno mai saputo come arrivasse fino a loro. Mani che non hanno mai percepito il peso di una pentola, di una brocca, di un catino, di uno straccio. Forse in familiarità coi grani del rosario, di madreperla, di argento traforato, ma assolutamente estranee alle forme del proprio corpo sepolto sotto troppi lini e camiciole e corsetti ei sottovesti e sottogonne, considerato da preti e pedagoghi come “peccaminoso” per natura.

La lunga vita di Marianna Ucrìa

Sullo sfondo della storia campeggiano dall’alto i mostri della villa Palagonia, terrificanti e astrusi, sembrano quasi farsi scherno di quella nobiltà pigra e fiera, indolente al lavoro e alla giustizia sociale. Unico passatempo lo sperpero del denaro.

La lunga vita di Marianna Ucrìa Trama e riassunto

Titolo: La lunga vita di Marianna Ucrìa

Autore: Dacia Maraini

Casa editrice: Rizzoli, Bur

Numero di pagine: 265

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